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Gdo, consumi in calo per le Dop

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Industria

Gdo, consumi in calo per le Dop

I prodotti Dop e Igp perdono peso nella grande distribuzione. Nel 2014 i consumi interni, secondo l’annuale rapporto della Fondazione Qualivita, si sono infatti ridotti del 3,8 per cento. Un dato che penalizza il giro d’affari del settore, nonostante le buone performance dell’export (+5 per cento). Così, per ridare slancio al segmento dei prodotti alimentari di qualità il ministero delle Politiche agricole ha avviato un confronto con i rappresentanti dei consorzi di tutela dei prodotti a indicazione geografica e con quelli della grande distribuzione organizzata.

I prodotti alimentari certificati in Italia sono 269 (161 Dop, 106 Igt ai quali si aggiungono due Stg, Specialità tradizionale garantita). Vantano un giro d’affari alla produzione di 6,6 miliardi che diventano 8,9 al consumo e un fatturato all’estero di 2,4 miliardi, ma hanno il proprio tallone d’Achille nel mercato nazionale. Difficoltà legate certo alla crisi economica di questi anni, ma anche al fatto che i prodotti alimentari certificati a marchio Ue sono spesso confusi con altri prodotti della stessa tipologia, ma “anonimi”. E il consumatore spesso è disorientato anche perché raramente è a conoscenza delle modalità produttive, dal legame col territorio al rispetto dei disciplinari, o dei controlli serrati lungo la filiera che li differenziano dagli altri. Troppo spesso invece, griffe come il Parmigiano reggiano, il Grana padano o il Prosciutto di Parma sono esposte insieme ad altri prodotti non Dop e il consumatore finisce per percepire solo le differenze di prezzo.

«Per questo – spiega il presidente di Aicig (l’associazione dei consorzi dei prodotti a indicazione geografica), Giuseppe Liberatore – chiediamo ai rappresentanti della grande distribuzione di individuare delle strade per differenziare i nostri prodotti Dop e Igp dagli altri. Il tutto nell’ottica di mettere i consumatori finali nelle condizioni di effettuare scelte consapevoli». «In altri paesi come la Francia – aggiunge il segretario generale dell’Aicig, Pier Maria Saccani – questa separazione già avviene. Noi siamo convinti che sia possibile trovare un accordo con i rappresentanti della grande distribuzione anche perché valorizzare prodotti top di gamma finisce per generare valore aggiunto per l’intera filiera, per i produttori come per i distributori».

Secondo i rappresentanti dei consorzi di tutela occorre in generale rafforzare le azioni di promozione non solo per favorire nel pubblico la conoscenza degli acronimi Dop e Igp «ma soprattutto – aggiunge Saccani – il valore aggiunto in termini di garanzie che i prodotti tutelati portano con sé. Insomma se un marchio è tutelato da un sistema di controllo e certificazione della qualità, perché ciò non deve essere adeguatamente segnalato?».

Dalle riunioni al Mipaaf sono emerse alcune prime ipotesi di lavoro, come ha chiarito il capo dipartimento del ministero per le Politiche agricole, Luca Bianchi. «Stiamo lavorando su due possibilità – ha spiegato Bianchi –: una consiste nel ricorso di cartellini segnaprezzo di un colore differente rispetto ai prodotti convenzionali. Ma l’ipotesi forse più accattivante – ha aggiunto – riguarda la possibilità di individuare dei veri e propri “percorsi della qualità certificata” all’interno degli scaffali della grande distribuzione. Il nostro obiettivo è evitare che il concetto di qualità si esaurisca in una vuota enunciazione di principi, ma vogliamo invece che alla politica della qualità seguano risvolti concreti e opzioni di mercato».

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