Economia

La crisi non piega la filiera delle valvole

  • Abbonati
  • Accedi
Industria

La crisi non piega la filiera delle valvole

  • –Matteo Meneghello

Quindici anni fa, travolti dalla (apparentemente inarrestabile) marcia dei produttori cinesi, alcuni imprenditori del casalingo della Valtrompia, in provincia di Brescia, avevano iniziato a frequentarsi una volta a settimana, nella sede di un’agenzia locale di servizi alle imprese. Le sedie erano disposte in circolo, e gli imprenditori erano chiamati a discutere dei loro problemi, a condividere dubbi e angosce su un futuro oscuro e indecifrabile, cercando eventuali soluzioni.

L’esperimento non ha prodotto grandi risultati. Alla fine ci ha pensato la legge del mercato a sistemare le cose: chi non ce l’ha fatta ha gettato la spugna, altri sono ripartiti. Poi è arrivata una nuova crisi. E, qualche anno dopo, è stata superata anche quella. Oggi il quadro macro-economico segnala la ripresa, ma è un termine che questi imprenditori non conoscono o, per scaramanzia, fingono di non conoscere. Un viaggio in Valsesia o in Valtrompia, territori dove sono radicati i principali poli italiani produttivi della rubinetteria e del valvolame (raccordi e componenti in bronzo, ottone ed altre leghe) chiarisce meglio di un paper accademico cosa si intenda oggi con il termine «resilienza».

«Da 30 anni sento dire sempre le stesse cose sull’evoluzione del nostro settore- spiega Roberto Cimberio, titolare dell’omonimo gruppo attivo tra San Maurizio d’Opaglio e Pogno (No) -, ma nessuna previsione si è mai avverata. La realtà è che in questi anni ci siamo adattati, siamo mutati e sopravvissuti. E siamo ancora qua».

I produttori, che presidiano una filiera del manifatturiero tradizionale, quella legata all’idrotermosanitaria – il solo polo novarese copre oltre il 30% della produzione nazionale e quasi il 15% del mercato mondiale delle esportazioni di rubinetteria e valvolame in ottone e bronzo, conta circa 400 aziende con 11mila dipendenti e un fatturato aggregato di quasi due miliardi di euro, realizzato per i due terzi all’estero – hanno superato tutte le grandi e piccole crisi degli ultimi anni. La parola d’ordine è equilibrio. Oggi il settore non può dirsi completamente in ripresa, complici le difficoltà del mercato interno, trainato verso il basso dalle difficoltà dell’edilizia. Ma, allo stesso tempo, grazie al traino dei mercati esteri, fatturati e margini reggono, e così anche gli investimenti e lo sviluppo in questi anni non sono mancati (il 41,4% del campione preso in esame dalla consueta indagine congiunturale dell’Associazione industriali di Novara dichiara l’intenzione di procedere nei prossimi mesi a investimenti «significativi»).

Gli scostamenti percentuali sono minimi, ma tutti positivi. Secondo l’ufficio studi di Anima, il 2014 si è chiuso con una leggera crescita del valore della produzione per i rubinetti e le valvole, nell’ordine dello 0,3 per cento. L’anno in corso dovrebbe proseguire su questo trend. Le esportazioni crescono dello 0,8%, in particolare verso Germania, Francia, Uk, ma anche l’Estremo Oriente (Cina e Corea del Sud), insieme con gli Usa, rappresentano un mercato di sbocco importante. Negli anni la quota interna è stata sostituita gradualmente con l’export e i mercati esteri valgono oggi il 65% della produzione: nell’ultimo anno è cresciuta molto la Spagna, la Russia (ma ora si temono le ripercussioni della crisi ucraina) e, come detto, la Corea del Sud. L’occupazione è leggermente in calo (-0,2%). E il settore continua ad investire: l’anno scorso la spesa è aumentata dello 0,5% e per l’anno in corso si prevede un ulteriore, piccolo, aumento (nell’ordine dello 0,3 per cento).

«Non possiamo lamentarci, ma non sta andando bene – avverte però Aldo Bonomi, titolare delle Rubinetterie Bonomi di Gussago, in provincia di Brescia -. Siamo al di sotto delle nostre previsioni: l’anno scorso avevamo recuperato il calo dei due anni precedenti e quest’anno, grazie a nuovi investimenti, pensavamo di fare un altro passo in avanti. Invece qualcosa non sta girando per il verso giusto, anche se resto ottimista per il futuro: recuperare clienti non è facile, ma il nuovo quadro macroeconomico aiuterà». Il gruppo bresciano fattura il 45% sul mercato interno. «All’estero ci si può ancora salvare, ma il sistema Italia è bloccato – spiega –. Abbiamo enormi difficoltà nei pagamenti, dobbiamo fare attenzione nel dare credito alle aziende. Dopo tutti questi anni a queste condizioni oggi siamo più deboli, e lo Stato non ci aiuta, nonostante gli sforzi sulle riforme. Serve fiducia e ancora tempo, però - conclude - per capire se la direzione imboccata dal Governo è quella giusta».

Preoccupato per le difficoltà nei pagamenti è anche Ugo Pettinaroli, presidente di Avr (l’associazione italiana dei costruttori di valvole e della rubinetteria) e amministratore delegato della Fratelli Pettinaroli di San Maurizio d’Opaglio. «Non siamo usciti definitivamente dalla crisi – spiega –: in questo momento molte aziende vivono una crisi di liquidità, soprattutto quelle ancora eccessivamente ancorate al mercato interno». L’associazione di settore punta molto sull’internazionalizzazione: sono ben 34 le aziende associate reduci dalla Ish di Francoforte (la principale rassegna del settore), uno dei segnali che il comparto sta rialzando la testa. Avr sta promuovendo anche un gemellaggio con Dubai, nell’ambito di Expo 2015 (gli Emirati Arabi ospiteranno l’Esposizione universale nel 2020). Anche Alberto Cristina, della Cristina Rubinetterie di Gozzano (No) resta in equilibrio. L’anno appena passato è stato «tranquillo, ma c’è grande difficoltà in Italia. All’estero, invece, puntiamo su Sudamerica e Far East». Per Roberto Cimberio, invece «la liquidità non è un problema», pur concordando sulle difficoltà nei pagamenti. In Italia, secondo l’imprenditore novarese, serve soprattutto «un quadro di regole chiare sulle importazioni. Ci sono troppi italiani che rovinano il mercato - dice -: non temiamo i cinesi, ma gli italiani-cinesi, vale a dire quelli che importano prodotti di scarsa qualità con il marchio made in Italy». Le difficoltà del mercato interno toccano però solo marginalmente Cimberio, che vende all’estero il 95% della produzione e che in questi anni è riuscita a riposizionarsi su mercati a maggiore valore aggiunto, come quello del condizionamento, anche se «è stata una scelta onerosa – spiega l’imprenditore -: abbiamo dovuto creare una struttura da zero. Non sono scelte che si possono improvvisare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nona di una serie di puntate

Precedenti pubblicazioni: 6, 7, 10, 11, 12, 13, 17 e 27 marzo