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Dagli Usa all'Australia, i super stage alla scoperta…

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Dagli Usa all'Australia, i super stage alla scoperta dell'agricoltura hi-tech

Svegliarsi e vendemmiare a Mornington Peninsula, la penisola australiana che si affaccia a sud di Melbourne. Anzi, no: produrre Pinot nero nell'Oregon, censire le risorse forestali della California, testare uno stile di vita biologico in abitazioni green nel cuore dello stato di Washington... Non sono fantasie ma i tirocini formativi organizzati dall'Associazione nazionale giovani agricoltori (Anga), la costola giovanile di Confagricoltura.

Esperienze cucite su misura, coperte e retribuite secondo un principio chiaro fin dalla selezione: non si parte per scappare, si parte con un progetto. «L'obiettivo del viaggio non è promuovere la fuga dei cervelli, ma la formazione imprenditoriale. Ricordiamo sempre che è uno stage formativo, non un'esperienza di lavoro mascherata», sottolinea Piergiovanni Ferrarese, componente del comitato di presidenza Anga e vicepresidente di Confagricoltura Verona. Si decolla, si respira un sistema diverso, si torna in Italia con un know-how che può rigenerare la propria attività. O crearne di nuove: «Tante volte succede che quello che si apprende in maniera teorica sia un po' scollegato dalle esigenze del mercato e delle evoluzioni tecnologiche», prosegue Ferrarese. «Per questo abbiamo dato visita a delle “esperienze lampo” che permettano di rinforzarsi e tornare con un spirito diverso».

Dalle vendemmie “high tech” alle riserve Usa
I Paesi di approdo sono due, Australia e Stati Uniti. Per la prima opzione si parla soprattutto del settore enologico, con partenze da gennaio e marzo e programmi di full immersion nei meccanismi high tech del vino australiano. Negli Usa le cantine restano protagoniste, ma la scelta si fa ancora più larga: manutenzione green a Washington, allevamenti di suini da riproduzione nell'Illinois, esperienze nei ranch dello Iowa, fino a censimenti forestali in California o tirocini convenzionati con le università che permettono di alternare orari di lavoro e lezioni sui banchi dei college statunitensi. L'esperienza è confezionata in pacchetti da 2.300 euro per l'Australia e 2.100 dollari per gli Stati Uniti, con una durata che va dai 3-4 mesi canonici a periodi di un anno. Le spese sono coperte da quello che si guadagna sul campo: i tirocini sono retribuiti, secondo una logica del “costo zero” che non punta né al guadagno puro né alle esperienze in perdita lamentate dalla maggioranza degli stagisti internazionali. Si paga l'iscrizione, si aggiungono varie ed eventuali ma si pareggia il tutto con retribuzioni adeguate al lavoro svolto – o comunque sufficienti a evitare il “rosso” nel bilancio finale. «Solo per l'Australia, si parla di retribuzioni da 1.200 a 1.800 dollari australiani al mese: l'investimento è già ripagato nel giro di due mesi», spiega Ferrarese.

Chi può fare domanda (e quando)
Se per l'Australia conviene aspettare fino all'autunno, non ci sono ostacoli sulle mete americane. Gli stage di Anga, eccezione alla regola, offrono ancora iscrizioni “on demand”: calibrate a seconda del candidato, senza le forzature che penalizzano i colleghi inseriti nei programmi classici (per tutte le info: anga@confagricoltura.it). «Mi verrebbe da dire che sono costruiti con un abito sartoriale: rispondiamo a esigenze e competenze dei candidati che si presentano. Si vuole lavorare in Canada? Cerchiamo un accordo in Canada. Il tutto con pratiche che non durano più di 30 giorni. Certo, le carte devono essere giuste...». E di che carte si tratta? I requisiti valutati sono competenze minime del settore, età, conoscenze linguistiche e motivazioni. Il bando è aperto soprattutto ad agricoltori e studenti di facoltà affini al cuore di Anga (agraria, scienze forestali, enologia), si rivolge agli under 35 e in certi casi ad under 29, richiede una padronanza non approssimativa dell'inglese e del settore che si va ad affrontare. Sulla decisione pesano lettera motivazionale e colloqui, i banchi di prova per stabilire la maturità del candidato. Non mancano né le richieste né gli sbocchi, visto che si sta lavorando su destinazioni come Marocco e Cina. Ma, spiega Ferrarese, «quello che cerchiamo di capire sono le aspettative e le motivazioni che portano a fare domande. Chi bocciamo? Quelli che vogliono andarsene o pensano che facciamo il lavoro di un'agenzia di collocamento: si aggiunge valore, non lo si toglie».

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