I concessionari di auto vedono la ripresa ma ritengono che il settore non potrà uscire dalla crisi senza una revisione della fiscalità sull'auto e un nuovo rapporto con le case costruttrici. L'assemblea di Federauto, l'associazione di categoria dei concessionari, si è tenuta ieri a Verona nell'ambito dell'Automotive Dealer Day. In quest'occasione Filippo Pavan Bernacchi, presidente dell'associazione, ha rinnovato le richieste al governo per un alleggerimento della fiscalità sulle auto aziendali, un'eliminazione del superbollo, un piano di incentivi alle famiglie basati su detrazioni fiscali a scalare su tre anni che potrebbe nell'arco del triennio - afferma Federauto - aumentare le immatricolazioni di quasi 1 milione di unità. Le previsioni di Federauto e dell'Unrae (l'associazione degli importatori di auto) sono per una crescita del 6-7% delle vendite nel 2015 a circa 1,45 milioni di unità, un tasso di crescita inferiore al +13,5% del primo trimestre. «L'effetto positivo sui noleggi dell'Expo di Milano e del rinnovo delle flotte non durerà in eterno - dice Pavan Bernacchi, il quale ricorda che - se anche facessimo un +10% ci riporterebbe ai livelli del 1985».
La crisi degli ultimi 7-8 anni ha colpito duramente i concessionari di auto. Secondo i dati presentati ieri a Verona da Luca Montagner di Quintegia, la società che organizza il Dealer Day, tra il 2007 e il 2015 il numero di imprese si è dimezzato, da 2.400 a poco più di 1.200 unità, mentre quello dei punti vendita è diminuito un po' meno (da 4.500 a poco meno di 3mila). Il crollo delle vendite di auto in Italia, praticamente dimezzate fra il 2007 e il 2013, ha scavato una voragine nei conti delle concessionarie: la perdita cumulata media tra il 2008 e il 2014 è stimata da Quintegia a quasi 1 milione di euro; il numero dei dealer in perdita era pari nel 2012 al 60% del totale (dovrebbe essere calato al 45% l'anno scorso). Montagner lancia un messaggio positivo: di qui al 2020 il numero di concessionari e punti vendita dovrebbe calare in misura limitata; il settore potrebbe avere trovato un suo equilibrio.
L'impatto sui concessionari è arrivato dalla sovraproduzione in Europa. «Bisognerebbe produrre solo quel che serve, dice Pavan Bernacchi, o altrimenti spedire le auto alle concessionarie in conto deposito addebitandole solo al momento della vendita effettiva». «Solo le aziende che guadagnano possono investire e aggiornarsi». Per recuperare fatturati e riportare in nero la maggior parte delle aziende, la strada è quella delle attività accessorie, dal post vendita ai finanziamenti alle assicurazioni; anche se, afferma Maurizio Spera - presidente dell'associazione dei concessionari Vw e Audi, «la nostra missione è guadagnare vendendo automobili».
Ottimista è Sergio Solero, numero uno di Bmw in Italia: «Il nostro portafoglio ordini è al livello più alto dal 2007 - dice -. Il forte incremento dei noleggi ha certamente un ruolo importante, ma c'è un po' di frizzantezza anche della domanda dei privati». Solero vede una crescita «attorno al 5-7%, non tale da segnare l'uscita dalla crisi». In questo contesto i segmenti premium, in cui opera la cas tedesca, «si muovono in linea con il mercato nel suo complesso». Il direttore vendite di Mercedes Benz Italia, Gianluigi Riccioni, vede dal canto suo un mercato a 1,43 milioni.
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