Economia

Napoli mette i costi sotto esame

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Regole e incentivi

Napoli mette i costi sotto esame

  • –Raoul de Forcade

Sono entrati nel mirino del commissario straordinario dell’Autorità portuale, Francesco Karrer, i costi del porto di Napoli. L’obiettivo è di ridurre le uscite e di recuperare il traffico perso: 100mila container solo nell’ultimo anno.

Che i costi dello scalo partenopeo siano cresciuti, lo dimostrano i conti presentati dal ministero delle Infrastrutture e trasporti nella Relazione annuale sulle attività delle Autorità portuali. Lo stesso (corposo) testo dal quale emerge (si veda Il Sole 24 Ore del 21 aprile) che i porti italiani hanno aumentato costantemente (dal 2006 al 2013) le uscite correnti. Napoli non fa eccezione.

Il periodo preso in esame dal Mit, in questo caso, è il 2009-2013. E l’andamento delle uscite correnti (quelle, quindi, che non riguardano gli investimenti e le infrastrutture) appaiono in salita da 14 milioni circa a 16,2 milioni. Ad aumentare sono soprattutto le uscite per prestazioni istituzionali e la voce altre uscite correnti, mentre risultano costanti, nel periodo, le spese per gli organi dell’ente e in leggera diminuzione i costi per il personale, per l’acquisto di beni e servizi e gli oneri finanziari e tributari.

Sui costi di Napoli, come di ogni altro porto, peraltro, gravano anche voci come i tempi delle verifiche doganali delle merci, la viabilità, i tempi di trasporto.

Nei giorni scorsi Karrer ha riunito il comitato portuale (l’organo di governo dello scalo) per una seduta interamente dedicata all’analisi dei costi diretti e indiretti che, afferma il commissario, «pesano sulla competitività e sull’operatività del porto di Napoli».

La seduta, prosegue Karrer «è servita per inquadrare la questione, che è complessa e che non si presta a una semplice comparazione con altri scali. I costi, infatti, siano i canoni o le tariffe sui servizi tecnico-nautici, variano da porto a porto in base a diversi fattori, dalla tipologia delle banchine, agli spazi; perciò è indispensabile definire quali sono le voci comparabili e in base a quali criteri, per poi decidere su quali elementi intervenire».

Tutti i rappresentanti delle categorie portuali hanno convenuto sull’urgenza di trovare soluzioni che consentano, attraverso una riduzione complessiva dei costi, di recuperare il traffico perso, nel rispetto, ovviamente, dell’obbligo, del pareggio di bilancio. In particolare è stata richiamata l’attenzione sulla perdita, nell’ultimo anno, di 100mila contenitori pieni.

Al termine del confronto tra tecnici dell’ente e membri del comitato portuale, è stato deciso di istituire una commissione che valuti dove e come intervenire per una riduzione dei costi.

«Abbiamo attivato – prosegue Karrer – piccoli gruppi di lavoro che faranno studi di fattibilità per capire come abbattere i costi in questione, valutando la sostenibilità di queste mosse relativamente ai vincoli di bilancio. Pensiamo di poter finire il lavoro nell’arco di 2-3 mesi».

Nella ricognizione avviata, chiarisce il commissario straordinario, «stiamo valutando i costi diretti, quelli indiretti e quelli occulti per eventuali contenimenti di alcune voci. Ovviamente, pensiamo di agire a partire da esercizi successivi al 2015, per il quale è già stato stilato il bilancio programmatico, mentre è in fase di approvazione il consuntivo 2014. Bisogna dire, peraltro, che ci sono condizioni molto diverse nei vari porti italiani e occorre capire bene anche come si sviluppa la concorrenza. Si dovrà vedere se si vuole andare avanti à la guerre comme à la guerre o se il governo adotterà, per i porti italiani, una logica di regolazione per ambiti regionali o per funzioni».

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