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Biotecnologie contro i «parassiti con la valigia» per evitare…

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Biotecnologie contro i «parassiti con la valigia» per evitare carestie alimentari

«Parassiti con la valigia», li ha definiti Maria Lodovica Gullino, direttore di Agroinnova, il Centro di competenza per l’innovazione in campo agroalimentare dell’Università di Torino. Il riferimento è agli effetti della globalizzazione dei mercati con patogeni emergenti, specie aliene, patogeni umani. Il disastro degli olivi pugliesi, colpiti da una batteriosi importata probabilmente dal Costa Rica, è solo uno dei sempre più numerosi esempi.

Occorre difendersi e già dal 2008 si è definita la biosicurezza come fattore per proteggere uno Stato dall’invasione di patogeni vegetali. Ma per affrontare i nuovi rischi occorre sfatare alcuni tabù che impediscono un’adeguata difesa delle colture. «In assenza di difesa - ha spiegato Gullino intervenendo a Torino ad un convegno di Confagricoltura sul tema del “Cibo sano, sicuro e per tutti” - le produzioni dimezzerebbero rispetto ai valori attuali». E non va dimenticato che, nonostante gli interventi di difesa, un terzo della produzione si perde a causa dell’attacco di parassiti animali e vegetali.

Gullino ha aggiunto che anche le nuove tecniche di produzione hanno favorito lo sviluppo dei parassiti ed a questo si aggiungono gli effetti dei cambiamenti climatici. In un solo giardino sperimentale nel Biellese, ad esempio, sono stati individuati 80 parassiti nuovi legati al clima mutato e per le sole produzioni orticole italiane si scopronop 15-20 nuovi parassiti ogni anno.

Gli effetti di un mancato intervento di difesa sono evidenti. La carestia favorisce un aumento dei prezzi e la conseguenza è un aumento delle tensioni sociali.

Ma la ricerca non serve soltanto per la creazione di nuovi agrofarmaci, tra l’altro sempre più costosi. Le biotecnologie, ha ricordato Gullino, servono anche per migliorare i prodotti e per ridurre la dipendenza dai prodotti chimici convenzionali. Circa il 10% delle emissioni totali di gas serra proviene dall’agricoltura e selezionare ed ingegnerizzare genotipi coltivati significa ridurre le emissioni. Ma si può ridurre anche il consumo di acqua. «Non si risolve il problema della fame nel mondo - ha precisato Gullino - ma con l’ingegneria genetica si risolvono molti problemi di lotta ai parassiti».

Una scelta che ha portato Cina, India, Brasile, Argentina e Sud Africa ad ospitare il 46% delle colture Gm. E ormai l’80% della soia proviene da colture biotecnologiche, così come il cotone.

«Non si tratta di uniformare le produzioni in ogni parte del mondo - ha aggiunto - ma di favorire produzioni locali che sappiano resistere meglio alle aggressioni di insetti, di batteri. La ricerca, soprattutto se pubblica, evita anche di dipendere da pochi produttori». Ma serve anche a combattere inquinamenti di sorta, scoprendo i residui degli agrofarmaci. Sotto questo aspetto l’Italia non teme confronti mentre i problemi arrivano, anche in questo caso, dai “prodotti con la valigia”, importati da Paesi dove i controlli sono minori. La Cina, sotto questo aspetto, sta migliorando, ma non vale per tutti i Paesi.

«L’importante è arrivare ad un cibo sano a prezzi ragionevoli, acquistabile da tutti», avverte Gullino. Perché la sicurezza a tavola non deve essere un privilegio di chi può comprare nei negozi di fascia alta. «E la produzione - ha affermato Gian Paolo Coscia, presidente di Confagricoltura Piemonte - deve rispettare l’ambiente, deve avvenire in modo sostenibile, deve portare ad un minor utilizzo delle risorse dell’ambiente e della chimica, tutelando le produzioni tradizionali anche attraverso le biotecnologie».

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