«Direi che forse avremo l'1% di crescita. E visti i primi numeri dell'anno se alla fine andasse così sarebbe già un buon risultato». Per la meccanica tricolore nessun macro-rimbalzo, nessuno sprint. Nelle previsioni 2015 di Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica, solo un “avanti adagio”, che per concretizzarsi dovrà in realtà poter contare su un secondo semestre decisamente più tonico rispetto all'andamento dei primi mesi.
Crescita che va a scalfire appena il gap creato dalla crisi, una voragine di oltre 30 punti percentuali nella produzione che solo molti anni di crescita robusta potranno colmare. «Almeno il 2-3% all'anno - spiega Storchi - perché ragionando sullo zero virgola non si va lontano».
Area vasta quella della meccanica nazionale, che nelle stime di Federmeccanica - la federazione di categoria - vale oltre il 7% del Prodotto interno lordo nazionale, con un impatto determinante sull'export, vicino ai 190 miliardi di euro, quasi la metà delle vendite estere dell'intero paese. E un effetto decisivo per le sorti della nostra bilancia commerciale, spinta verso l'alto proprio dall'avanzo-monstre di questo settore, oltre 65 miliardi di euro.
E non a caso, le realtà della meccanica che lo scorso anno sono riuscite a realizzare i risultati più rotondi sono proprio quelle orientate maggiormente oltreconfine. Come accade nei macchinari, che in alcuni comparti realizzano attraverso l'export oltre l'80% dei propri ricavi, con punte superiori per le singole aziende.
Un caso fra tutti, quello della Galbadini, di Cardano al Campo (Varese).«È una macchina complessa ma la faremo - ci racconta Luigi Galdabini -: una commessa così si vede di rado». Cinque milioni di dollari, in effetti, possono fare la differenza, a maggior ragione se spingono l'impresa di macchine utensili (raddrizzatrici e presse) verso nuovi record di fatturato. L'azienda non è per la verità la sola a vivere questa situazione, frutto di una sempre più netta divaricazione tra chi esporta e chi è invece concentrato principalmente sul mercato italiano. Crinale che separa i destini all'interno di numerosi settori produttivi e che segna anche gli sviluppi della meccanica tricolore. «Dopo la crisi ci siamo dovuti reinventare - spiega Dante Speroni, fondatore dell'omonima azienda pavese di strumenti di controllo per utensili - perché in passato le vendite extra-Ue valevano per noi appena il 15% del totale, oggi i due terzi dei nostri volumi».
L'inserimento delle agevolazioni previste dalla Sabatini-bis sui macchinari e sui crediti di imposta varati dal Governo hanno avuto per il settore effetti positivi sul mercato interno, capace lo scorso anno di generare per l'intero macro-comparto dei beni strumentali ben 800 milioni di ricavi in più, con crescite che per alcuni comparti sono state addirittura a doppia cifra. Una domanda che sembra proseguire anche nei primi mesi del 2015, con gli ordini registrati da Ucimu-Sistemi per produrre, l'associazione di rappresentanza delle macchine utensili, in crescita a doppia cifra nel primo trimestre dell'anno.
Si tratta però di un'oasi felice, all'interno di una domanda nazionale che resta asfittica, con l'eccezione della componentistica legata all'auto, in ripresa dopo anni di caduta libera per la ritrovata tonicità delle produzioni Fca.
«L'Italia in generale resta debole - chiarisce Storchi - e a mancare sono soprattutto gli investimenti. Questo è il punto: deve essere chiaro che l'economia va ricostruita, non siamo in una fase di manutenzione ordinaria. I tedeschi stanno spingendo ad esempio la manifattura 4.0, la fabbrica intelligente, anche perché il loro governo ha creduto in questa visione e ha investito. Se non ci muoviamo rischiamo quindi di accumulare un gap rilevante. Avanti quindi con la spending review e le riforme, occorre trovare le risorse per incentivare in ogni modo coloro che vogliono investire».
Tra le debolezze strutturali del Paese, la meccanica patisce in particolare quella delle costruzioni. Perché pensare solo a mattoni, cemento e piastrelle quando si ragiona di mercato immobiliare e nuove case è fortemente riduttivo. Attorno ad ogni nuova costruzione si sviluppa infatti una vastissima filiera meccanica che comprende oltre all'acciaio per costruire anche valvole, rubinetti, caldaie, impianti di condizionamento e componentistica varia.
Settori raggruppati all'interno di Anima, federazione della meccanica varia, che proprio sul mercato interno continua a faticare nel ritrovare i volumi di un tempo. Il 2014 per il settore si è chiuso con una produzione in calo dello 0,3%, una frenata interamente “targata” Italia (l'export è cresciuto infatti di oltre un punto), con prospettive appena migliori per il 2015.
«Vedo qualche segnale positivo - spiega il presidente di Anima, Alberto Caprari - e soprattutto una fiducia crescente, che in effetti rafforza le prospettive di ripresa. Dollaro, tassi e petrolio aiutano, anche se le prospettive migliori sono per le aziende presenti in un ampio ventaglio di mercati, al di fuori del nostro Paese ma anche dell'Europa. L'Italia purtroppo resta debole e lo stato dell'edilizia non aiuta: è importante che il settore riparta perché rappresenta un faro, un traino per molti comparti».
In assenza di una ripresa certa e duratura delle costruzioni le imprese della meccanica provano a rilanciare dal lato dell'innovazione, creando una partnership con Anie (progetto BiTech, Building Intelligent Technology) per sviluppare le tecnologie evolute al servizio delle abitazioni, arrivando a fornire ai contractor una sorta di pacchetto “chiavi in mano” per domotica, condizionamento, trattamento delle acque e altri servizi. Area che già oggi vale 46 miliardi di euro di ricavi, di cui la metà realizzati all'interno del mercato italiano, con prospettive di sviluppo nell'ordine del 50% proiettando gli attuali trend al 2020.
Spazi di ottimismo aggiuntivi sono però possibili alla luce della spinta espansiva offerta dal dollaro, una rivalutazione che su base annua supera il 20% e che si traduce in maggiore competitività per le aziende italiane, ora in possesso di maggiore flessibilità sui propri listini.
«Per noi l'effetto si è già in parte visto - spiega l'imprenditore dell'impiantistica e presidente di Confindustria Lombardia Alberto Ribolla - anche perché in alcune gare ci confrontiamo con gruppi appartenenti ad aree valutarie che sono ora svantaggiate. In più di un caso gli ordini che ci siamo aggiudicati sono stati vinti anche grazie alla caduta dell'euro».
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