Economia

Dossier Meccatronica alla sfida della vera innovazione

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    Meccatronica alla sfida della vera innovazione

    • –di ?Bricco

    La meccatronica è la struttura portante del nostro capitalismo manifatturiero. Vero. La meccatronica ha però un robusto bisogno di innovazione formalizzata. Altrettanto vero. La meccatronica rappresenta per l'economia italiana il punto di congiunzione – o, meglio, di intersezione - con l'economia tedesca, in un aggregato che costituisce la spina dorsale manifatturiera del Vecchio Continente. Il modello tedesco va bene. Ma, per raggiungere un ideale tecno-economico così alto, serve più ricerca. Oltre che un lavoro quotidiano e autentico – non soltanto retorico e declaratorio – sulla cultura tecnica. Che, ormai, sconfina sempre più nella dimensione ingegneristica: dunque, con la necessità di fare cadere la mitologia storica dell'innovazione di processo, di una ipotetica marginalità economica conquistata sempre e soltanto in fabbrica, tanta lima e pochi bit.

    Il sociologo economico Paolo Perulli dell'Università del Piemonte Orientale e l'economista Lorenzo Ciapetti dell'Università di Bologna hanno analizzato l'attività di ricerca di 55 enti del Nord Italia: nonostante il 60% di questi centri di ricerca abbia attività collegate alla filiera meccatronica, soltanto il 16% ha una domanda di ricerca proveniente da questo settore. Il che si riflette in un sottoutilizzo dei centri di ricerca: alla fine, meno di un terzo delle attrezzature e dei laboratori viene comunemente utilizzato. Nel caso della meccatronica esiste un problema di asimmetria informativa fra offerta e domanda di ricerca. Questa asimmetria informativa non fa bene ai centri di ricerca, che restano spesso vuoti. E non fa bene nemmeno alle imprese, che rimangono prive di contenuti formali minimi: nella innovazione pura e nella innovazione applicata.

    Nella narrazione sul capitalismo manifatturiero italiano, la meccatronica viene spesso identificata attraverso le best practice. Un simile meccanismo descrittivo è dovuto anche alla natura “liquida” della meccatronica, settore di confine fra la meccanica e l'elettronica. Non è semplice tracciarne analiticamente i confini. Proviamo a farlo. Stando ad un'analisi realizzata per Il Sole 24 Ore dall'Istat, le imprese della meccatronica sono in Italia poco più di 34mila e impiegano 540mila addetti. Il loro fatturato aggregato è pari a 127 miliardi di euro, con un export di 60 miliardi di euro. Con l'8,2% delle aziende manifatturiere e il 14,1% degli addetti, alla meccatronica sono riferibili il 14% del fatturato dell'industria italiana, il 17,6% del valore aggiunto e il 20,5% dell'export manifatturiero nazionale.

    Queste 34mila aziende producono un valore aggiunto di 35 miliardi di euro. Hanno una produttività media – calcolata come valore aggiunto procapite – di 41.837 euro. La centralità della meccatronica è desumibile da una semplice comparazione: la produttività della manifattura italiana è pari in media a 26.602 euro per addetto; dunque, la produttività della meccatronica è superiore di oltre il 50% rispetto al resto del nostro sistema produttivo. Provando ad elaborare un racconto quantitativo della meccatronica italiana, appare evidente come esso non possa esimersi da un capitolo che non si è ancora concluso: la crisi finanziaria internazionale che, dal 2008, ha contagiato la nostra manifattura. Infatti, stando alle analisi dell'Istat, fissati a 100 nel 2010 gli indici del fatturato ponderato della meccatronica e del manifatturiero, nel 2012 quello della meccatronica è calato a 92,2 e quello della manifattura è aumentato a 101,2; due anni dopo, nel 2014, sono rispettivamente scesi a 87,8 e a 97,6 punti.

    Proprio la centralità strategico-strutturale di lungo periodo della meccatronica e la fragilità da essa dimostrata negli ultimi tempi pongono l'urgenza di un suo prossimo – auspicabile - up-grading. Meno artigianalità e più industrializzazioni complesse. Meno informalità e più organizzazione. Meno tecnologie leggere e più innovazione strutturata. A questo punto – alla meccatronica e dunque a tutto il capitalismo produttivo italiano - servono delle discontinuità positive.

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