Economia

Monito dell'Italia alla Croazia: troppi i rischi di inquinamento

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Il caso Adriatico

Monito dell'Italia alla Croazia: troppi i rischi di inquinamento

Non piace a molti sulla sponda italiana dell'Adriatico il piano croato di sfruttamento dei giacimenti di petrolio e metano nascosti sotto i fondali di fronte alla Dalmazia. Fra le molte osservazioni, spicca quella del ministero italiano dell'Ambiente, che suggerisce ai croati una maggiore attenzione alle aree protette.

La documentazione italiana
Lunedì il ministero dell'Ambiente ha spedito a Zagabria, ai ministeri croati dell'Ambiente e dell'Economia, le osservazioni italiane al progetto di sfruttamento dei giacimenti adriatici. Con i suggerimenti del ministero italiano, erano allegate le proposte di alcune Regioni (tra cui Veneto, Marche e Puglia in piena campagna elettorale), alcuni Comuni italiani, istituzioni, comitati antipetrolio, singoli cittadini.
Il documento italiano fa parte della procedura Vas (Valutazione ambientale strategica), una versione più estesa e completa rispetto alla Via (Valutazione di impatto ambientale) poiché la Croazia ha acconsentito di condividere con gli altri Paesi adriatici il suo piano strategico di sfruttamento dei giacimenti in mare.
La procedura non chiede un'approvazione o una bocciatura del piano petrolifero, decisione che spetta unicamente alla Croazia, bensì chiede osservazioni e suggerimenti per ridurne l'impatto ambientale.

Le osservazioni
Lo studio ambientale strategico della Croazia («Strateška studija o utjecaju na okoliš») è molto ben fatto, ma sottovaluta l'analisi ambientale delle moltissime aree protette, come le cosiddette Sic (Siti di interesse comunitario) e Zps (Zone di protezione speciale), cioè aree in cui vi sono alcune caratteristiche ambientali specifiche.

Regioni all'attacco
Le Regioni che più s'accalorano sono quelle in piena campagna elettorale per il rinnovo di giunta e consiglio.
Il calore antipetrolio arriva a sgarbi nel protocollo internazionale che un tempo avrebbero fatto ritirare gli ambasciatori e mollare l'ormeggio alle navi cannoniere. Per esempio, le Marche e l'Abruzzo esprimono un non richiesto «parere negativo» che a Zagabria potrà suscitare un incredulo stupore diplomatico.

Le preoccupazioni
Gran parte dei timori ambientali italiani riguardano i rischi di inquinamento del mare e dell'aria, e ripercussioni sul turismo e sulla pesca. Sarà facile che i croati facciano notare agli italiani che nella nostra metà di Adriatico c'è da molti decenni un centinaio fra piattaforme e altre istallazioni in piena attività senza che né i dalmati né gli italiani abbiano mai osservato al turismo, alla pesca o all'ambiente i disastri immaginati dai contestatori. Molta attenzione è dedicata al tema dell'air-gun, il dispositivo ad aria compressa che producendo colpi sul fondale permette di fare un'ecografia del sottosuolo per individuare i giacimenti.

Bombe
Alcuni comitati antipetrolio osservano i rischi sulle bombe sommerse che potrebbero essere attivate dalle prospezioni geologiche e attività di perforazione. Da un secolo finiscono a fondo nell'Adriatico armi di ogni tipo, come quelle gettate in gran copia in mare nelle aree di scarico dagli aerei Nato in rientro dalla Serbia (gli aerei non possono atterrare alla base con il carico di armi) o la nave statunitense Harvey piena di iprite affondata dalla Luftwaffe nel dicembre del '43 a Bari.

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