Economia

Ilva, al risanamento i fondi dei Riva

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Regole e incentivi

Ilva, al risanamento i fondi dei Riva

Taranto

Può andare al risanamento ambientale dell'Ilva di Taranto il miliardo e 200 milioni sequestrato nel 2013 dalla Procura di Milano ai fratelli Adriano ed Emilio Riva per presunti reati fiscali e valutari.

Ieri pomeriggio il gip di Milano, Fabrizio D'Arcangelo, ha infatti depositato il provvedimento che fa scattare il disco verde e dispone che il Fondo unico giustizia - attraverso Equitalia giustizia - possa intestarsi le obbligazioni che emetterà l'Ilva allo scopo di finanziare i lavori prescritti dall'Autorizzazione integrata ambientale nel siderurgico di Taranto. L'Ilva dovrebbe emettere le obbligazioni a tranche già dalla prossima settimana mentre la Procura di Milano interverrà sulle autorità svizzere (Paese nel quale si trova il miliardo e 200 milioni bloccato ai Riva) perchè dispongano il trasferimento delle risorse al Fug. Nell'ambito del sequestro ai Riva, i 120 milioni che sono già in Italia, di cui 60 di liquidità e altrettanti di obbligazioni societarie, saranno i primi a trasformarsi nelle nuove obbligazioni.

L'utilizzo dei soldi sequestrati ai Riva nell'Ilva non è una novità.

Solo che mentre la penultima legge, la numero 6 del 6 febbraio 2014 (Terra dei Fuochi-Ilva), disponeva che le risorse finite sotto chiave andassero all'aumento di capitale dell'azienda, l'ultima legge, invece, stabilisce che vadano agli interventi ambientali col meccanismo delle obbligazioni. Una priorità, questa, suggerita dal procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, quando nei mesi scorsi fu ascoltato dalla commissione Industria del Senato nell'ambito delle audizioni informali sul decreto legge. Ed è sulla base del nuovo provvedimento del Parlamento che i commissari dell'Ilva - Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba - hanno fatto una nuova istanza al gip D'Arcangelo, che già a fine ottobre aveva detto sì al trasferimento dei soldi sequestrati come aumento di capitale. L'avvocato di Adrianio Riva, unico rimasto a dar battaglia su questo fronte dopo la scomparsa del fratello Emilio avvenuta ad aprile 2014, annuncia già ricorso in Corte di Cassazione contro l'atto del gip. Ma il ricorso, precisano fonti aziendali, non blocca l'esecutività del provvedimento del magistrato, che viene ritenuto dai commissari «molto articolato ed efficace» sui vari aspetti della questione. Da aggiungere che già in sede di udienza al Tribunale di Milano il legale di Adriano Riva aveva sollevato eccezione di incostituzionalità sul trasferimento e parlato di «violazione del diritto di proprietà». Ma «il trasferimento dei beni sottoposti a sequestro penale e la loro sostituzione - scrive ora il gip D'Arcangelo nel suo provvedimento di 21 pagine - non integra una forma di espropriazione». «La conversione dell'oggetto del sequestro - sottolinea il gip - non comporta alcuna acquisizione in favore dello Stato o del patrimonio pubblico dei beni e dei valori mobiliari originariamente attinti dal sequestro, nè una diretta utilizzazione dei medesimi da parte dello Stato». Invece, dice ancora il gip, la «conversione dell'oggetto del sequestro preventivo» e il «trasferimento dei beni», «integra una prestazione patrimoniale imposta... sub specie di prestito forzoso imposto in capo a chi ha esercitato funzioni di direzione e di coordinamento dell'Ilva spa anteriormente al suo commissariamento e che è tenuto a porre rimedio alle conseguenze ed all'impatto delle proprie scelte gestionali sull'ambiente».

E sempre ieri, poco prima che il gip depositasse il suo provvedimento, la Corte dei Conti ha registrato il decreto con cui il ministero dell'Economia a fine aprile ha accordato la garanzia dello Stato al prestito da 400 milioni per l'Ilva. A breve, quindi, i commissari porranno sottoscrivere il prestito, anch'esso previsto dalla legge ultima, che finanzierà gli investimenti industriali a Taranto e che per 300 milioni sarà a carico di Cassa Depositi e Prestiti e per i restanti 100 in quota a Banca Intesa e Banco Popolare.

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