Milano - Una prima riunione tecnica per decidere se e con quali modalità il governo entrerà nella partita del dopo-Expo. La decisione arriverà probabilmente tra una ventina di giorni, ma già ieri sono state avanzate diverse opzioni in un incontro a Roma tra i soggetti potenzialmente coinvolti, ovvero Presidenza del Consiglio, ministero per le Politiche agricole, agenzia del Demanio e Cassa depositi e prestiti.
A quanto si apprende in via ufficiosa, tra le ipotesi che circolano c'è quella, già avanzata nelle scorse settimane, di un ingresso diretto nella società proprietaria dell'area (Arexpo), attraverso l'acquisizione delle quote attualmente in mano a Fondazione Fiera Milano (il 27,66%), senza escludere la possibilità di aumentare tale quota fino all'ottenimento di una maggioranza relativa.
Altra ipotesi sul tavolo è quella di sostenere uno o più progetti per la valorizzazione del sito, con l'impegno di Cassa depositi e prestiti o del Demanio sottoforma di contributi o garanzie. La Cdp, a quanto si apprende, potrebbe sostenere una delle proposte (in particolare, quella dell'Università Statale di Milano, che non sarebbe in grado di finanziarsi completamente in modo autonomo) con un contributo che potrebbe aggirarsi attorno ai 400-600 milioni di euro; ma non si esclude la possibilità di estinguere il debito di Arexpo nei confronti delle banche. Il Demanio potrebbe invece contribuire con il pagamento ai soci di mutui o affitti per il trasferimento nel sito dei suoi uffici milanesi; oppure rilevare parte delle quote societarie e dunque entrare direttamente nella partita come proprietario.
La posizione ufficiale del governo, che dovrebbe decidersi già nel prossimo incontro tra i medesimi soggetti a inizio giugno, sarà poi presentata al nuovo tavolo con i soci di Arexpo (probabilmente a metà giugno), quando sarà noto anche l'advisor selezionato dalla società per lo sviluppo dell'area. In ogni caso, l'impegno del governo è ritenuto decisivo per il futuro dell'area, visto che i progetti per la sua valorizzazione e il suo utilizzo – una volta terminata Expo – non mancano, ma rimane l'incognita della fattibilità economica.
L'ipotesi di realizzare sul sito una sorta di Cittadella della scienza e dell'innovazione, che metta insieme il campus dell'Università Statale di Milano e il polo tecnologico di Assolombarda, sembra raccogliere sempre più consensi e lascerebbe spazio anche ad altre proposte, come quella avanzata dalla Consob di realizzare nell'area un'agenzia europea per le piccole medie imprese.
Ma un sostegno finanziario da parte del governo sembra imprescindibile per il destino di un sito che è costato ai suoi proprietari 320 milioni, di cui 160 sottoforma di prestito da parte delle banche. Banche che hanno dato la disponibilità a prorogare il finanziamento a fine anno, ma soltanto se verrà presentata per tempo una proposta sostenibile anche dal punto di vista finanziario.
In un intervento di Palazzo Chigi spera sicuramente il Comune di Milano, che oltre a essere socio di maggioranza assieme alla Regione Lombardia (con il 34,7% delle quote) ha anche il compito di decidere sulla destinazione d'uso dei terreni di Expo. «Il governo si è già impegnato a dare un contributo significativo attraverso Cassa depositi e prestiti – ha del resto ricordato ieri il sindaco Giuliano Pisapia – affinché il sito su cui ora sorge Expo diventi in futuro un'area tecnologicamente avanzata, ma anche tecnologicamente usata». Più critico nei confronti del governo il presidente della Lombardia Roberto Maroni, che già lunedì aveva liquidato la notizia del vertice a Roma commentando che soltanto i soci di Arexpo possono decidere sul futuro dell'area. «Il dopo-Expo si decide in Lombardia – ha ribadito ieri –. Se il governo vuole collaborare nessuna obiezione. Per quanto mi riguarda, sposo al cento per cento l'idea di realizzare qui il più grande campus italiano, con residenze per gli studenti e un grande centro sportivo».
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