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Mezzogiorno patria dell'illegalità, ma anche al Nord crescono le…

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Economia e legalità

Mezzogiorno patria dell'illegalità, ma anche al Nord crescono le infiltrazioni mafiose

Il Mezzogiorno resta la patria dell'illegalità. Il Lazio neanche scherza. Avanzano in classifica, e questa è una sorpresa, la Liguria e perfino la tranquilla Umbria. Aumenta anche per questa ragione la diffidenza delle imprese nella pubblica amministrazione mentre crescono al Nord le infiltrazioni mafiose.

Non c'è da stare allegri nel commentare i risultati della ricerca annuale su Economia e Legalità presentata dallo Studio Ls Lexjus Sinacta in collaborazione con l'Istituto Tagliacarne in occasione del Focus Pmi organizzato presso la Borsa di Milano alla presenza del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Contraffazione e riciclaggio, spiega il responsabile degli osservatori economici del Tagliacarne Paolo Cortese, sono le piaghe più visibili nel corpo malato del Paese che avrebbe invece bisogno di norme più chiare e una maggiore tutela degli affari se vuole, come dovrebbe, attirare nuovi investimenti interni ed esteri.

Soprattutto, come fa notare l'amministratore delegato di Borsa Italiana Raffaele Jerusalmi, se intende davvero giocare la carta dell'espansione internazionale e misurarsi nell'arena globale ad armi pari con competitori che, almeno sulla carta, sembrano più attrezzati a rispettare le condizioni che generano fiducia e sviluppo. Un termometro sensibile della situazione è rappresentato dal numero crescente dei beni confiscati al malaffare che, fa sapere il vice capo della Polizia Matteo Piantedosi, è arrivato a toccare gli 8 miliardi di euro. Un piccolo tesoro che in tempi di spasmodica ricerca di risorse per la ripartenza dovrebbe essere riportato alla luce. Il piombo che l'illegalità mette nelle ali dell'Azienda Italia è misurato dal Consigliere di Assolombarda alla Responsabilità sociale dell'impresa Antonio Calabrò in un mancato miglioramento dei fatturati pari a due terzi. I provvedimenti adottati, ben 67, nell'ambito dell'Expo sono un monito per tutti.
Naturalmente alla volontà di delinquere si aggiunge un sistema di leggi e regolamenti così complicato da risultare perverso e spesso ingannevole anche per chi delinquere non vorrebbe. Su questo tema il presidente di Assimpredil presso l'Ance Claudio De Albertis richiama giustamente la massima attenzione.

Gli dà ragione il presidente emerito del Tribunale di Milano Livia Pomodoro che ammette come “alla base del sistema d'illegalità ci sia una società oppressa da paure e pregiudizi”. Insomma, la situazione è così compromessa da essere entrata nel classico circolo vizioso dove nuovi tentativi di repressione determinano nuove deviazioni.
A difesa delle imprese si leva la voce di Alfio Marchini, operatore economico della capitale e già candidato alla poltrona di sindaco di Roma, che richiede “un apparato legislativo pubblico più chiaro e al servizio del cittadino”. Nella confusione delle norme gli attori spregiudicati possono avere la meglio sulle forze sane. Qualche miglioramento in corso è ravvisato dal condirettore generale del Banco Popolare Domenico De Angelis che ricorda il ruolo degli istituti di credito nel controllo dei conti e delle operazioni irregolari anche se deve ammettere che c'è ancora troppa concorrenza sleale e un clima di sfiducia che deprime il contesto.

Insomma, finché l'Italia non riuscirà a liberarsi di una concezione furbesca quando non proprio criminale degli affari sarà difficile che si possano liberare le energie migliori e che la scelta d'investire non si trasformi in un calvario per chi dovrà combattere contro il malaffare da una parte e una burocrazia spesso astrusa dall'altra.

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