Economia

Giovani talenti in fuga, per gli stipendi non è sempre un Bengodi:…

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osservatorio JobPricing per il sole 24 ore

Giovani talenti in fuga, per gli stipendi non è sempre un Bengodi: ecco quanto sono pagati gli italiani all'estero

Talenti in fuga. Non sempre nella direzione giusta, però: è proprio vero che, a parità di curriculum, gli under 30 italiani sono pagati di più se tentano la carriera in Germania, Regno Unito o Francia? Dipende. Nelle professioni iper-qualificate, lo stipendio previsto sul mercato tedesco o inglese può schizzare fino al doppio della media italiana. Ma per le figure meno rare, dall'area vendita all'amministrazione, il differenziale si assottiglia fino a un (micro)scarto di 2mila euro che non tiene conto di fattori come tasse e i costi della vita ben più elevati di metropoli come Londra e Parigi. Lo rivela un'analisi svolta per il Sole 24 Ore dall'osservatorio JobPricing. «Sia chiaro: è vero che stiamo prestando il fianco allo “shopping” dei nostri talenti migliori, prede facili delle multinazionali straniere. Ma si tratta pur sempre di figure molto qualificate, in contesti molto competitivi. Se si guarda alle figure più comuni, l'impressione è un'altra: si va all'estero pur di trovare lavoro, anche a costo di de-qualificarsi, perché qui non ci sono opportunità» dice Mario Vavassori, direttore dell'Osservatorio.

Per i professionisti al top 25mila euro in più
Insomma: una polarizzazione netta fra una minoranza di offerte molto più competitive di quelle italiane (l'Istat proprio ieri ha segnato un boom di dottori di ricerca all'estero, il 12,9%) e una quota imprecisata di occupazioni che viaggiano su livelli retributivi non troppo superiori agli standard italiani. Tra i divari più evidenti nelle retribuzioni, JobPricing segnala figure ad alto tasso di specializzazione come gli analisti di programmazione e i project manager. In entrambi i casi, lo sbalzo è tale che riesce difficile non vedere la convenienza di un curriculum inviato a società straniere. Un analista programmatore assunto in Italia guadagna in media 21.300 euro contro i 27mila della Francia, i 33.600 della Germania e i 37.900 (convertiti dalla sterlina) della Gran Bretagna, con l'aggiunta di 2mila euro di scarto da un mercato in genere meno attraente come quello della Spagna (25.300 euro).

Ancora più marcato il differenziale per un profilo in ascesa come il project manager: dalla retribuzione di 26.200 euro prevista in Italia ai 43.300 della Germania e addirittura i 52.200 della Gran Bretagna, passando per il vantaggio più contenuto della Francia (28.800) e il paragone, in questo caso favorevole, con la Spagna (23.300 euro). Niente di nuovo: la “mobilità intellettuale”, per dirla con la definizione dell'Istat, si attiva soprattutto fra le figure ad alto tasso di specializzazione che non trovano sbocchi in Italia. Anche se la prudenza è d'obbligo, perché la trafila di selezione non è tra le più semplici: «È vero che si arriva con una certa facilità 50mila euro, ma sono posizioni molto ambite, anche dai locali. Prendiamo il caso del Project Manager, figura che si sta facendo strada in Italia ma che all'estero è inseguita da candidati con ottimi requisiti. E lo stesso vale per gli analisti programmatori» dice Vavassori.

Dalle vendite all'amministrazione, il gap si restringe
Viceversa, le figure “di massa” prese in considerazione da Job Pricing rivelano scarti più contenuti. E non sempre in linea con il costo della vita fuori dai confini italiani. Secondo l'analisi dell'Osservatorio, un addetto all'amministrazione guadagna 20.200 euro in Italia contro i 22.200 della Francia, i 24.800 del Regno Unito e i 30.700 della Germania. Un addetto all'area vendita incassa una media di 23.700 euro annui contro i 25.100 della Gran Bretagna, i 25.300 della Francia e i 30.400 della Germania. Infine, un venditore sotto contratto in Italia viaggia sui 26.000 euro annui: sono 28.100 in Gran Bretagna, 28.900 in Francia e 33mila in Germania.

Le incognite: costo della vita e tasse
Certo, gli scatti salariali possono garantire rialzi dopo i primi anni di gavetta. Ma, nell'immediato, non si tiene conto né del costo della vita né della tassazione sul reddito per i professionisti più giovani. Per quanto riguarda i costi della vita, una ricostruzione di Numbeo fa notare che nel Regno Unito i prezzi al consumo sono del 19,21% superiori alla media italiana, con un picco del 65,89% nel caso degli affitti. E sul fronte fiscale, i surplus nelle retribuzioni di Francia e Germania “sbattono” comunque su una tassazione – per lavoratori single e senza figli – pari al 45,2% e al 45,1%. In Italia, sempre secondo Job Pricing, si viaggia sul 42,4%.

Ultimo handicap, l'ormai celebre “mismatch”: la differenza tra competenze richieste dal mercato e competenze esercitate (davvero) sul posto di lavoro. Non si lascia l'Italia perché all'estero ci sono offerte più invitanti, ma per mancanza d'alternative. Anche a costo di ridurre le aspettative: «In Italia soffriamo dell'incapacità di far dialogare la domanda all'offerta. È grottesco studiare 5 o 10 anni all'università per non trovare un impiego corrispondente alle proprie competenze - dice Vavassori - È per quello che si va all'estero, si trova un impiego dove qui non c'è. Se si è qualificatissimi e si supera la concorrenza interna, va bene. In caso contrario si accettano impieghi che sono inferiori a quello che si aspetterebbe».

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