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Dossier Olio: Sagra e Berio passano ai cinesi

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    Olio: Sagra e Berio passano ai cinesi

    Nel carrello della cinese Bright Food dopo i biscotti inglesi Weetabix, il latte per l'infanzia della neozelandese Synlait e i prodotti alimentari dell'australiana Manassen Food, finisce il primo, importante, acquisto di un'icona che più made in Italy non si può: l'olio d'oliva.
    Il protocollo di vendita è stato siglato qui, a Hong Kong, nel weekend e ad acquistare la maggioranza della Salov della famiglia Fontana è il gruppo Yimin, della galassia Bright Food, 17,3 miliardi di dollari di fatturato, quotata in borsa a Shanghai. La Salov vanta brand storici del calibro di Sagra e, soprattutto, Filippo Berio. Salov vende e produce olio di oliva e prodotti derivati in una sessantina di Paesi ed è leader di mercato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, con circa 330 milioni di ricavi all'anno.

    L'operazione Salov-Bright Food è stata parecchio laboriosa, in campo sono scesi sherpa finanziari di altissimo livello, per il venditore Mediobanca e Citic securities, il braccio armato per l'investiment banking della cinese di Citic nel quale da cinque anni opera un italiano, Federico Bazzoni, responsabile merger & acquisition per Europa, Medioriente e Africa. Ing e Sinaxia hanno affiancato il compratore, advisor legali per Salov Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & partners e Simmos & Simmons. Per la controparte cinese Orrick, Herrington & Sutcliffe.

    Gli ultimi marchi di olio italiano, quindi, prendono la direzione della Cina. D'altro canto Bright Food è il secondo gruppo del food in Cina, e ha voluto fortemente questo acquisto perché il mercato dell'olio d'oliva è molto promettente in Cina. Si tratta di una società che sta interpretando alla lettera la mission Go global affidata dal governo di Pechino alle sue aziende, un invito a internazionalizzarsi in maniera diffusa e nei settori strategici per la Cina, come quello del food. La sicurezza del cibo è un fattore sempre più importante nelle decisioni di acquisto delle aziende di Pechino. E Bright Food ormai è oggetto di studio da parte di tutti gli studiosi di investimenti diretti cinesi non finanziari all'estero.
    Come hanno spiegato al Sole 24 Ore i manager del gruppo «l'investimento italiano è stato realizzato anche per aiutare i cinesi a rivolgersi verso abitudini alimentari più sane come la dieta mediterranea che è incentrata sull'olio».

    Così la trattativa con la famiglia Fontana, che conserva la quota di minoranza, è durata mesi, adesso la Salov entra in una fase nuova, Bright food si impegnerà a diffondere capillarmente il prodotto attraverso la sua rete distributiva, ma - aggiungono i cinesi - «il nostro obiettivo è mantenere l'identità e la tradizione del prodotto in modo tale che possa rimanere fedele alla sua missione. I marchi acquistati finiranno per essere gli alfieri dell'Italia ma anche del cibo sano». E di questo c'è davvero bisogno, in Cina: il mercato cinese pullula di prodotti importati di scarsa qualità.

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