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Olacrazia, ecco l'azienda senza capi e cariche. Ma 1 dipendente su…

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casi d’impresa

Olacrazia, ecco l'azienda senza capi e cariche. Ma 1 dipendente su 10 lascia

Manager, addio: ora sono “tutti leader di sé” in azienda. Si chiama holacracy, in italiano “olacrazia”, ed è la forma di organizzazione aziendale che cerca di pensionare gerarchie e vertici con un sistema di “cerchi” dove tutti i dipendenti discutono e decidono alla pari. Lo schema, brevettato negli Stati Uniti dall'imprenditore Brian Robertson, è stato adottato da 300 aziende in meno di 10 anni e sta facendo parlare di sé anche in Europa.

Non sempre con entusiasmo, però: il gigante dell'ecommerce di abbigliamento Zappos, affiliato al modello dal 2013, ha comunicato che il 14% dei suoi 1.500 dipendenti (210 professionisti) non si è trovata a suo agio con l'eliminazione di tutte le cariche e accetterà l'incentivo all'esodo offerto dalla società. A quanto pare, i “leader di sé” erano diventati un po' troppi e i dipendenti lamentavano i rovesci della medaglia del self-management al 100% come cinque ore extra di meeting settimanali per familiarizzare con il vocabolario “olacratico” e tentativi di aggregazione risolti nell'arco di più mesi.

Robertson, padre del modello e tra i 9 soci dell'agenzia di coaching HolacracyOne, ha messo nero su bianco il concetto con una “carta” di 15mile parole (quasi il doppio di quelle della Costituzione degli Stati Uniti, che ne conta 8mila). E in effetti è proprio sul cambio di linguaggio che parte la sfida del modello olacratico, espressione che deriva dalla “holarchy” teorizzata dallo scrittore e giornalista Arthur Koestler negli anni ‘60. Qualche esempio del nuovo dizionario aziendale? Svolgere un incarico diventa «energizzare un ruolo», il confronto sui risultati si fa con i «meeting tattici», gli ostacoli sul lavoro si definiscono «tensioni» e viaggiano a metà strada tra i problemi aziendali e la stabilità emotiva. Zappos parla di feedback «ampiamente positivi» da parte dell'organico e non si preoccupa troppo delle fuoriuscite, stimando che il modello vada assorbito nell'arco di 3-5 anni. L'azienda ha già a disposizione un database che registra tutti i ruoli (al plurale) dei dipendenti e le competenze assunte nei cerchi, per rintracciare i colleghi più adatti per un determinato argomento. Gli ex-manager favorevoli all'evoluzione spiegano che la destrutturazione ha creato un modello di efficienza capace di far affrontare quasi 30 problemi in agenda nell'arco di 90 minuti, contro i risultati più blandi che si registravano nelle riunioni calate dai vertici.

I più scettici obiettano l'esatto contrario: la olacrazia sta solo facendo lievitare i “cerchi” (300 in appena due anni, dai social media alla strategia per i consumatori) e generando più confusione che benefici nella produttività. Il 20% delle aziende che avevano aderito ha rinunciato al modello o limitato la sua applicazione. E la crisi di Zappos, per quanto limitata, dice qualcosa in proposito. Alcuni lavoratori intervistati dal Wall Street Journal spiegano che hanno impiegato sei ore a settimana «per diversi mesi» prima di imbastire un paio di cerchi da 24 unità in totale. Senza contare che l'abbattimento dei vertici ribalta il principio di distribuzione degli incarichi, non sempre in positivo: nei “cerchi” lavorativi si può viaggiare al ritmo di decine di argomenti in un'ora, ma anche sovrapporre argomenti discordanti e far confluire un po' troppe voci. Ultimo capitolo, e non per importanza: le retribuzione. In assenza di vertici, scompare la gradualità degli stipendi e anche la busta paga si fa tangente ai cerchi che determinano l'ossatura delle aziende senza boss. Zappos starebbe pensando a un premio per la produzione, con salari arrotondati duranti i picchi di ordinativi e ridotti in periodi di maggior tranquillità. Un boccone indigesto per alcuni dipendenti, provvidenziale per altri. A seconda degli orari, più che dei cerchi.

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