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Dossier Più prodotti, meno alleanze

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    Più prodotti, meno alleanze

    «La nostra prima esigenza è la costruzione di una politica industriale coerente e saggia. Come sistema fieristico e come sistema industriale italiano non possiamo farci del male. Le fiere tedesche, dopo avere svuotato il mercato inglese e avere stabilito la loro superiorità anche su quello francese, stanno indirizzando le loro mire sul nostro Paese. Dobbiamo tenerne conto. Quando ci chiedono perché, dopo il successo di TuttoFood, non pensiamo a una manifestazione sul vino, rispondiamo che c'è già Vinitaly a Verona. Proporremo loro di fare sistema».

    Corrado Peraboni, neoamministratore delegato di Fiera Milano, parte da un numero: all’ultimo TuttoFood i buyer stranieri sono stati 20.200, circa l’80% in più della precedente edizione. E utilizza questo esempio come punto di partenza per fare un discorso complessivo sul sistema italiano che, in questo specifico comparto, soffre di una atavica – e vagamente campanilistica – frammentazione e sperimenta – da sempre – una totale mancanza di coordinazione. Naturalmente, i propositi e le energie del nuovo management di Fiera Milano – Peraboni e il presidente Roberto Rettani si sono insediati da poco più di un mese – sono anche concentrati sul riposizionamento della società.

    Per la capogruppo, il 2014 si è chiuso con una perdita netta ante imposte pari a 36 milioni di euro. Un esito che ha portato la società ad entrare in “zona 2446”: l’articolo del codice civile che regola il comportamento delle società in cui il valore delle perdite supera un terzo del valore del capitale. Sotto il profilo industriale, le manifestazioni organizzate in Italia in questo primo semestre sono andate bene. Anzi, sono andate anche meglio rispetto agli obiettivi indicati dalla precedente dirigenza, formata dall’amministratore delegato Enrico Pazzali e dal presidente Michele Perini. Al contrario, sul fronte internazionale le recenti acquisizioni continuano a produrre perdite ben lontane dai positivi risultati annunciati.

    Intanto, negli uffici della società si sono avviate le valutazioni sulle poste di bilancio che, nell’ultimo esercizio, hanno presentato criticità: le società specializzate nei media e appunto le partecipate estere. La nuova gestione dovrà lavorare sul doppio piano – industriale e contabile – per definire con quale delle due opzioni fare uscire la società dalla “zona articolo 2446”: alla fine sarà sufficiente la gestione ordinaria o bisognerà procedere al lancio di un aumento di capitale? In ogni caso, questo passaggio particolarmente delicato avviene all’interno di una transizione complessiva basata sulla riqualificazione strategica di Fiera Milano. «In Italia – prosegue Peraboni – punteremo soprattutto sui prodotti fatti in casa, da portare poi fuori all’estero. All’estero, privilegeremo una crescita appunto basata più sui prodotti che sulle piattaforme. Le manifestazioni organizzate in Italia da noi restano quelle a maggiore redditività. E lo stesso accade quando andiamo fuori».

    L’espansione all’estero seguirà due distinte modalità: o con l’organizzazione di fiere vere e proprie oppure con “capsule”, ossia con piccole manifestazioni collegate ad altre iniziative di maggiore dimensione. Un esempio di questo “passo prudente” è rappresentato da Homi, la manifestazione per la casa e il complemento arredo che si è svolta anche in Russia, a Mosca, a latere del Salone del Mobile Worldwide.

    «Una manifestazione di grande successo come TuttoFood – riflette l’amministratore delegato di Fiera Milano – non potrà non essere clonata all’estero. Anche se pensiamo sia opportuno allestire ancora una edizione in Italia, per consolidarla al meglio e per potere esportare questa formula con più forza». Fra l’opzione di organizzare piccoli avamposti e la prospettiva di allestire fiere vere e proprie, appare dunque essenziale la dimensione internazionale.

    «Al di là del consolidamento e della crescita italiana – nota Peraboni – le prospettive di sviluppo per l’intero settore si giocano sulla capacità di andare all’estero e di portare il mondo nelle fiere milanesi. Proprio sull’internazionalizzazione c’è, rispetto a molti competitor stranieri e a qualche concorrente italiano, un ritardo storico che dobbiamo colmare. Siamo fiduciosi di riuscirvi».

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