Economia

I petrolieri: fisco italiano vorace

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Regole e incentivi

I petrolieri: fisco italiano vorace

L’enciclica verde di Papa Francesco si fa largo anche tra petrolieri. Inquinatori? Forse un po’, per comprensibile necessità. Ma pronti - dicono - a fare la loro parte nella lotta al degrado ambientale. Che sarà comunque assai ardua, avverte Alessandro Gilotti, presidente della nostra Unione petrolifera, nell’assemblea annuale. Non deve consolare il grande risparmio sulla bolletta elettrica energetica che l’Italia ha messo a segno nel 2014: per procurarci dall’estero il materiale energetico necessario a soddisfare una dipendenza record abbiamo sborsato 44,2 miliardi di euro invece di 56 miliardi del 2013 mentre la bolletta petrolifera è scesa a poco più di 30 a poco meno di 25 miliardi, ai minimi dal 2009. Ma la causa è quasi tutta della flessione dei consumi da crisi economica, molto poco dai guadagni di efficienza. L’economia riprenderà? Nel caso tornerà a crescere il nostro debito energetico. E comunque dovremo fare i conti con un trend di degrado ambientale non solo nazionale ma mondiale destinato quasi sicuramente a travolgerci, conferma anche Gilotti. E - afferma - i paesi occidentali possono farci relativamente poco, visto che da noi le emissioni comunque calano mentre crescono a dismisura quelle dei paesi in via di sviluppo, poco disposti a frenare la rincorsa economica e sociale verso coloro che hanno inquinato finora.

Possiamo farci qualcosa? Sì, dice Gilotti. Che traccia per il vecchio continente uno scenario al 2030 che vedrà i consumi stabilizzarsi ma con un mix diverso: il gas naturale diventerà la prima fonte con un peso del 26-28%, seguono le rinnovabili che continueranno il decollo raggiungendo dal 21 al 27% della copertura energetica complessiva. Il petrolio arretrerà sensibilmente, fino al 23-26% (siamo ora al 32%) rimanendo però egemone nei trasporti. Ma, paradossalmente, proprio sul petrolio, o meglio sul più corretto e più efficiente uso del petrolio, dovremo puntare per tentare di centrare gli obiettivi ambientali dell’Europa al 2050.

Lamentele dei petrolieri? Tante. Ecco di nuovo l’accusa sulla voracità del fisco italiano, che frena impropriamente i consumi dei carburanti con un carico fiscale che da noi ha raggiunto e superato i 60% del prezzo finale «con ulteriori aumenti già programmati fino al 2021 - accusa Gilotti – per 3 miliardi di euro pari a circa 12-14 centesimi al litro in conseguenza delle clausole di salvaguardia e coperture varie già delineate».

Qualche miopia - incalza il presidente dell’Up, che opererà di fatto in regime di proroga perché l’associazione non riesce a mettersi d’accordo sul nome del sostituto - non c’è solo nel fisco e nella persistente incapacità di favorire una razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti nel segno dell’efficienza. Al centro dei problemi c’è la crisi della raffinazione, grave in Europa, gravissima in Italia. Anche - insistono i nostri petrolieri anche qui con un apparente paradosso - per le sue implicazioni ambientali. Perché - lo dice Gilotti ma lo testimoniano gli studiosi - l’Italia è sempre stata all’avanguardia nell’anticipare i vincoli alle componenti inquinanti sia nel ciclo della raffinazione sia nei carburanti così prodotti. Frenare la nostra crisi della raffinazione vale la pena se non altro per questi motivi, oltre che per quelli più squisitamente industriali e occupazionali.

Qualche rimbrotto i nostri petrolieri lo riservano anche alla nuova legge sugli ecoreati. Confusa nelle norme applicative, perfino inapplicabile nel quadro sanzionatorio, insiste Gilotti. Vedremo come migliorarla, promette il ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti all’assemblea dei petrolieri.