Economia

Rinnovabili: aziende contro il decreto

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Regole e incentivi

Rinnovabili: aziende contro il decreto

Le aziende delle rinnovabili sono arrabbiatissime contro la bozza di decreto che ristruttura gli incentivi ai segmenti eolico, biomasse, idroelettrico e altre fonti pulite di energia. «Rischiamo la paralisi», protesta Simone Togni, presidente dell’Anev, l’associazione dell’eolico. E Agostino Re Rebaudengo, al vertice dell’Assorinnovabili, aggiunge che la bozza di decreto «non appare, purtroppo, sufficiente a garantire un quadro di ulteriore sviluppo».

Eppure nel presentare la Relazione sui progressi nell’ambito delle energie rinnovabili Miguel Arias Cañete, commissario Ue per il clima e l’energia, ricorda che «l’Europa crede nelle energie rinnovabili, che fanno bene all’Europa».

Un problema caldo — avverte Togni dell’Anev — è il fatto che viene frenato il rinnovo degli impianti. «Ci sono centrali eoliche vecchie di decenni che, con un investimento intelligente, potrebbero essere ammodernate senza variarne la potenza: e una centrale eolica nuova ingombra molto meno perché un solo “ventilatore” può produrre l’elettricità di tre o quattro pale eoliche di vecchia progettazione».

Tommaso Barbetti e Andrea Marchisio, analisti di Elemens, hanno scoperto che il solo segmento eolico raggiungerà il picco quest’anno e poi, in modo drammatico, in Italia comincerà a uscire di scena. L’economista Alessandro Marangoni di Irex Althesys ha stimato che dal 2008 al 2030 il solo segmento eolico apporti (tra costi per quasi 16 miliardi di euro e benefici per quasi 60 miliardi di euro) un saldo netto di benefici per l’Italia di 48,6 miliardi di euro, come il taglio drastico delle quotazioni del chilowattora alla Borsa elettrica.

Il gruppo di lavoro energia e clima degli Stati generali della green economy, l’organismo promosso da Edo Ronchi, propone tre cambiamenti al decreto sulle fonti rinnovabili non fotovoltaiche. Il provvedimento allo studio del Governo «rappresenta in ogni caso un provvedimento a breve termine» ed è urgente aprire subito un confronto con aziende e altre parti coinvolte «con orizzonte almeno al 2020». Tra i punti da correggere, gli Stati generali della green economy propongono un processo di reale semplificazione, sostegni adeguati per gli impianti di piccola taglia e la generazione distribuita, maggiore efficacia al meccanismo delle aste per assegnare gli incentivi.

Per Re Rebaudengo dell’Assorinnovabili la bozza di decreto contiene «elementi positivi» ma creano problemi seri «l’orizzonte temporale molto breve, solo fino al 1° dicembre 2016, che non permette agli operatori di programmare adeguatamente gli investimenti», la riduzione severissima dei contingenti incentivabili, il taglio drastico degli incentivi, in particolare per i piccoli impianti.

Flavio Sarasino delle Federidroelettrica contesta «i problemi generati dall’incremento della “potenza a registro” elevata a 140 megawatt e il rischio di priorità a coloro che scelgono una riduzione di tariffa del 10%, che di fatto è un ricatto sugli impianti progettati con la vecchia normativa».