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Dossier Cruciale scegliere con cura il target

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    Dossier | N. 5 articoliRapporto Orologi

    Cruciale scegliere con cura il target

    «The best quality you can». Il mantra recitato al 7° Luxury Summit del Sole 24 Ore, un paio di settimane fa, da Jean-Marc Jacot, amministratore delegato di Parmigiani, non lascia spazio a interpretazioni: vale sia per il marchio di orologi controllato da Fondazione Sandoz e famiglia Parmigiani – che ha una media di prezzo retail oltre i 10mila franchi svizzeri – sia per gli altri brand che possono fregiarsi dell'ambitissima indicazione d'origine sul quadrante o sul movimento.

    Anche nell'industria degli orologi di lusso, come in quella della moda, il tema del posizionamento è scottante: c'è chi sceglie di presidiare una fascia ben precisa, magari nell'entry price, come fa il brand Swatch, il più forte nel segmento fino a 200 franchi ex fabrica; chi vola altissimo nella punta della piramide, come Patek Philippe, Breguet, Audemars Piguet e Vacheron Constantin, per citare solo alcuni dei brand più prestigiosi; e chi, infine, “cavalca” le attitudini differenziate dei consumatori. Ad esempio Rolex, Cartier e Omega–- individuati dalla “bibbia” Vontobel come i tre leader per valore – che offrono pezzi nella fascia tra 500 e 3mila franchi di prezzo ex factory, ma dispiegano tutta la loro potenza oltre i 3mila franchi. Equivalenti, dunque, agli 8mila franchi di prezzo al pubblico. Riuscire a difendere – e, ovviamente, se possibile -–conquistare posizioni aggiuntive nella propria fascia di mercato di riferimento non è un'impresa facile: scossoni valutari, altalena dei consumi (in Cina il giro di vite anti-corruzione ha penalizzato non poco soprattutto l'industria degli orologi, perché regalare pezzi anche importanti da quelle parti è sempre stata una consuetudine) e concorrenza di prodotti in cui fashion e hi-tech attraggono molto, forse soprattutto i clienti più giovani (dall'Apple watch in giù) le sfide nell'arena competitiva si fanno sempre più agguerrite.

    Tra colossi e marchi indipendenti che sembra non abbiano alcuna intenzione di diventare target per acquisizioni, nonostante le rilevantissime posizioni finanziarie nette dei big (Richemont ha 5,3 miliardi di franchi in cassa, Swatch Group 1,4 miliardi), l'industria elvetica ce l'ha fatta. Tanto che la quota di mercato mondiale, sempre secondo Vontobel, è balzata per il gigante guidato da Nick Hayek al 19,2% l'anno scorso rispetto al 14,1% del 2005, mentre il rivale Richemont è cresciuto al 16,3% dal precedente 13,6%.
    Tanto di cappello.

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