Economia

Ilva, oggi il gup decide su 47 richieste di rinvio a giudizio. Alla…

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IL CASO TARANTO

Ilva, oggi il gup decide su 47 richieste di rinvio a giudizio. Alla Camera commissari e voto di fiducia

Per l’Ilva di Taranto oggi è il giorno in cui il giudice dell’udienza preliminare, Wilma Gilli, emetterà la sentenza per gli imputati del processo “Ambiente Svenduto” (disastro ambientale originato dal siderurgico). Ma è anche il giorno in cui i commissari pubblici dell’azienda, in amministrazione straordinaria dal 21 gennaio, spiegheranno alla Camera (commissioni Ambiente e Attività produttive) a che punto sono i piani industriale e ambientale.

Se il primo, oltre agli investimenti, rimanda il futuro dell’Ilva alla costituzione di una newco che dovrebbe avvenire tra autunno e fine anno, quello ambientale, invece, ha scadenze immediate. A fine mese, infatti, l’Ilva dovrà dimostrare di aver attuato l’80 per cento delle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale. La sentenza del gup Gilli, invece, chiude la fase dell’udienza preliminare durata un anno e pone un primo punto fermo per il processo di primo grado che verrà. Il gup è chiamato a decidere sulle 47 richieste di rinvio a giudizio e sulle 5 di condanna per gli imputati che hanno scelto il patteggiamento. Richieste formulate dai pm nel dibattimento.

Rischiano il rinvio a giudizio Nicola e Fabio Riva, espressione della proprietà Ilva, gli ex direttori dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo, l'ex presidente della società, Bruno Ferrante, l’ex consulente, Girolamo Archinà, ma anche l’ex governatore della Puglia, Nichi Vendola, il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, il direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato. Molto diversi i capi di imputazione. Il più rilevante è quello a carico dei Riva e di Capogrosso: associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale. Chiesto il processo anche per tre società: Riva Fire, Riva Forni Elettrici e Ilva.

A Taranto, nel frattempo, Magistratura e azienda affrontano la vicenda dell’altoforno 2 sequestrato senza facoltà d'uso dopo l’incidente mortale di giugno e ora di nuovo a rischio fermata. In un confronto tra Procura, azienda (c’era uno dei commissari, Enrico Laghi) e Carabinieri, è emersa la volontà di trovare una soluzione «giuridicamente valida e accettabile e un percorso condiviso». Adesso, a quanto pare, l’Ilva presenterà un’istanza specifica al pm – a prescindere dalle nuove norme, in fase di conversione in legge, che autorizzano l’Ilva a produrre pur con l’altoforno sequestrato – nella quale illustrerà anche le misure adottate, quelle in corso di adozione e quelle da adottare prossimamente perché la sicurezza all’altoforno 2 sia aumentata ed evitato il ripetersi di nuovi incidenti.

Nell’istanza dell’Ilva, più che il dato produttivo del siderurgico, sarà evidenziato quello di funzionamento. In questo modo, è stato detto nell'incontro, potranno essere meglio considerati gli aspetti che attengono alla sicurezza e alla prevenzione degli incidenti rilevanti, che poi sono quelli che hanno portato il pm a ordinare il sequestro dell'impianto.
Da oggi, infine, la Camera inizia a votare il dl fallimenti nel quale sono confluite le norme dell'ultimo decreto Ilva varato il 4 luglio proprio per evitare la fermata dell’altoforno 2. Il Governo ha posto la fiducia su tutto il pacchetto.

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