Economia

In Russia malgrado l’embargo

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GEOPOLITICA E SCAMBI

In Russia malgrado l’embargo

Sanzioni in eterno. È passato quasi un anno dall’introduzione - il 7 agosto scorso - di un embargo russo contro diversi prodotti alimentari americani ed europei, e degli altri Paesi che hanno adottato sanzioni contro Mosca a causa della crisi ucraina. E a un anno di distanza, prorogati sia le sanzioni che l’embargo, la speranza di una soluzione sembra allontanarsi: sia nel tempo, con il viceministro degli Esteri russo Serghej Ryabkov che avverte che le sanzioni potrebbero restare per sempre, se qualcuno si aspetta che la posizione del Cremlino sull’Ucraina cambi. Sia nei toni: pochi giorni fa Vladimir Putin ha ordinato al governo di prevedere la distruzione dei prodotti “proibiti” che si cerchi di far entrare illegalmente in Russia attraverso Paesi terzi.

La parola d’ordine a Mosca è fare buon viso a cattivo gioco, e sfruttare tutti i vantaggi dell’importozameshchenie: la sostituzione delle importazioni straniere proibite con prodotti locali, per aiutarli finalmente a migliorare. E se i produttori europei calcolano preoccupati il costo di un altro anno lontano dalla Russia (secondo il Servizio russo delle Dogane i Paesi coinvolti nell’embargo hanno visto precipitare il valore delle loro esportazioni in Russia da 7 a 1,6 miliardi di dollari, tra agosto e maggio), il ministro russo dell’Agricoltura Aleksandr Tkachev è invece entusiasta: «L’allungamento delle sanzioni è un balsamo per le nostre anime – ha detto in tv -. Vediamo sempre più prodotti “made in Russia” sugli scaffali dei nostri negozi». Sognando il ritorno della Russia al ruolo di “superpotenza agricola” di inizio ’900, Tkachev ha lasciato capire di non essere contrario a un allungamento della lista dei generi proibiti, per includere fiori, cioccolato, pesce in scatola, gelati. Qualcuno parla anche di vino, dimenticando che su questo fronte più che su ogni altro il mercato russo non è pronto a sostituirsi alle importazioni.

L’entusiasmo di Tkachev sui vantaggi dell’embargo non è condiviso da tutti: anche perché il balzo delle vendite di prodotti locali viene attribuito soprattutto alla svalutazione del rublo e all’aumento dei prezzi dei generi importati, diventati troppo costosi nel confronto. Inoltre, gli stessi produttori avvertono che il vero aiuto per l’agricoltura russa sarebbe una politica di aiuti e incentivi di lungo termine, e non limitata a un anno o due di confini chiusi.

«La produzione locale non è aumentata, nessuno l’ha spinta alla crescita. È invece diminuita la qualità dei prodotti, mentre i prezzi sono andati alle stelle». Chi parla, in un’intervista a Radio Svoboda, è Elena Cekalova, che con il marito Leonid Parfionov ha aperto di recente un ristorante a Mosca. È convinta che i prodotti migliori siano quelli che crescono vicino a casa ma, ripete, «perché l’agricoltura russa rifiorisca bisogna lavorare sulla logistica, sul reale aiuto ai contadini. Il governo pronuncia con orgoglio la parola “importozameshchenie”, ma non sviluppa le infrastrutture per l’agricoltura». Ed Elena racconta il caso di un coltivatore della regione di Tula, costretto a chiudere perché, a 180 km da Mosca, non ha l’allacciamento al gas, e per lavare le mucche è costretto a scaldare l’acqua sulla stufa.

Molti osservatori italiani sono convinti che un modo per trasformare in opportunità il problema dell’embargo e delle sanzioni stia nel venire incontro ai russi in questa nuova situazione, aiutarli a crescere. «Hanno bisogno di tecnologie, di cominciare con grande umiltà un nuovo processo, di cambiare mentalità per sviluppare un tessuto di aziende diffuse», spiega Vittorio Torrembini, vicepresidente di GIM-Unimpresa. Così una possibilità per affrontare la nuova situazione, per le aziende italiane, è cambiare sistema di vendita, assistendo i russi in questo passaggio sul fronte del management, dell’addestramento, delle tecnologie. Secondo Torrembini i russi «non hanno voglia di andare a comprare dai cinesi, non dobbiamo obbligarli a farlo. Se si crea un clima di collaborazione, l’imprenditore russo preferisce venire da noi». E Andrej Belousov, consigliere economico di Putin, in un’intervista a Die Welt si mostra disponibile: se molte compagnie occidentali hanno perduto quote sul mercato russo, «non stanno abbandonando il Paese: molte dicono che vogliono avviare impianti produttivi in Russia. Se esportare non funziona, possono almeno produrre qui. E noi cerchiamo di aiutarli: perché capiamo che i legami con l’Europa, per noi, sono decisivi».

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