Economia

Dossier Maxi-patto in Puglia per l'export

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    Dossier | N. 28 articoliExpo 2015 e le imprese

    Maxi-patto in Puglia per l'export

    Al progetto lavorano alcuni dei gruppi dell'alimentare e dell'agroalimentare pugliese più orientati all'export. A cominciare dal gruppo Divella, il primo esportatore pugliese per volumi e valore, proseguendo per Tormaresca (vini), Puglia Fruit (ortofrutta) e Siciliani (carni). L'obiettivo è siglare un contratto di rete che sostenga le loro attività estere e agevoli l'ingresso in nuovi mercati o il consolidamento di quelli già serviti. Ci crede soprattutto il gruppo Divella che, da decenni, produce ed esporta pasta secca e biscotti in cinque continenti, in tutto 130 paesi tutti a competizione altissima.

    «Fuori dell'Italia – spiega Francesco Divella, uno dei due amministratori delegati di questo gruppo sorto nel 1890 a Rutigliano, nel barese, e cresciuto fino a raggiungere grandi numeri (3 stabilimenti produttivi, 350 milioni di fatturato nel 2014, per il 65% ottenuti dalla pasta, e 350 dipendenti diretti e 180 nell'indotto) – lo scontro non è tra Pmi perché i tuoi competitor, nella produzione come nella distribuzione, sono veri e propri colossi. E se non hai una forza di contrattazione apprezzabile non vai da nessuna parte». Per questo Divella – che sta concludendo altri accordi commerciali sia con la multinazionale Usa “Pizza&Pasta Hut” per entrare al meglio anche nei mercati di Cina ed Indonesia, sia con Carrefour che ha aperto in quell'area 350 ipermercati – punta ad accrescere gli strumenti, anche collegiali, con cui muoversi all'estero. Il mercato italiano della pasta infatti è stabile e solo l'export può creare valore aggiunto, sviluppando i mercati storici del gruppo (in Usa è presente dal 1973) o entrando in nuovi come la Russia, l'Estremo Oriente, e sempre senza delocalizzare la produzione. «Per questo voglio fare una rete di imprese solo per l'export di pasta-vino-olio-ortofrutta-carni. A settembre – anticipa Divella al Sole 24 Ore – terremo a Roma una riunione operativa tra tutti gli imprenditori individuati e decideremo tutte le iniziative comuni del contratto di rete». Il contratto quindi utilizzerà risorse comuni per partecipare insieme alle fiere e rassegne specializzate internazionali, per avere un unico agente su alcuni mercati, per decidere strategie di ingresso o di consolidamento in alcuni mercati, e così via.

    La scelta dei patner non è casuale. Come per Puglia Fruit di Rutigliano, nel barese. Guidata da Nicola Giuliano, questa srl da 70 milioni di fatturato (ottenuto per metà dall'estero) ha all'attivo una esperienza di Op ortofrutticola internazionale con l'ingresso, deciso nel 1997, nella San Lucar, che ha sede a Valencia, in Spagna. Oggi fattura 200 milioni di euro e da anni è molto affermata in Germania e Austria. «Quella – dice Giuliano – è stata una scelta dettata da un progetto, non dalla disperazione o per attingere a fondi pubblici. E regge perchè c'era e c'è un'idea, la stessa che può e deve sostenere questo contratto di rete».

    Nella partita anche le cantine di Tormaresca (gruppo Antinori) che esportano vini ottenuti da quasi 350 ettari di sau vitata a Primitivo, Negramaro, Fiano, Aglianico e Nero di Troia tra Minervino Murge, nel barese, e San Pietro Vernotico, nel brindisino. «Con questo progetto – spiega Peppino Palumbo, ad di Cantine di Tormaresca che ottiene sui mercati esteri il 62% del fatturato annuo, 10 milioni nel 2014, con previsioni di crescita del 4-5% nel 2015 – vogliamo sensibilizzare le aziende più dinamiche del territorio per crescere soprattutto all'estero. Il contratto di rete è lo strumento che ci sembra più evoluto». A completare il paniere per l'estero anche le carni del gruppo Siciliani di Palo del Colle, nel barese. Tra i primi in Italia per fatturato (quasi 210 milioni nel 2014) nella lavorazione e commercializzazione di carni bovine, suine, ovine, avicole ed equine, il gruppo vende soprattutto in Italia, il 70%, nella Ue, il 20% e in area extra-Ue il 10% residuo. «Ci muoviamo – spiega l'ad, Carlo Siciliani – anche verso Cina, Vietnam, Africa, mercati dove compensare i consumi di carne bovina ed ovina che stanno diminuendo in Europa».

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