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Cantone: un codice appalti snello

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Cantone: un codice appalti snello

Chi pensava che per la legge delega sugli appalti fosse tutto risolto, sbagliava. A rivelare le tensioni profonde che ancora restano sul percorso del nuovo codice è stata ieri la giornata introduttiva del 61° Convegno di studi amministrativi organizzato dal Consiglio di Stato a Varenna.

Almeno due le questioni che appassionano e dividono giuristi e protagonisti del mondo degli appalti: la prima è quella posta dal ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, di abolire il regolamento generale per dare ampio spazio alla soft law dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) guidata da Raffaele Cantone; la seconda, che finora era stata discussa nella commissione di studio presieduta dal capo del Dagl (l’ufficio legislativo di Palazzo Chigi), Antonella Manzione, ma non era ancora venuta allo scoperto pubblicamente, è se la doppia operazione di recepimento delle direttive Ue e di riordino del vecchio codice debba avvenire in una sola puntata o in due tempi. In altre parole se si debba procedere a uno “spacchettamento” del decreto legislativo della delega in due provvedimenti: il primo, da emanare entro il termine del 18 aprile, per recepire le direttive; il secondo, con un orizzonte temporale di fine 2016, per riordinare il vecchio codice partendo dal «cuore» già individuato recependo le direttive.

Questa ipotesi è emersa con le parole di Alessandro Pajno, presidente di sezione del Consiglio di Stato e coordinatore scientifico delle giornate di Varenna, e di Mario Pilade Chiti, ordinario di diritto amministrativo a Firenze e membro della commissione Manzione. Fuoco e fulmini, invece, da Raffaele Cantone, presidente dell’Anac: perché si creerebbero tre diversi regimi temporali (uno con il vecchio codice e regolamento, uno con il recepimento delle direttive e l’altro per attuare la restante parte della delega cioè il riordino del vecchio codice), ma anche per motivi di sostanza. Come ha spiegato Chiti, le priorità definite dalle direttive sono molto diverse da quelle individuate dai 53 criteri di delega approvati dal Senato.

E tutti i poteri di regolazione affidati all’Anac, per esempio, non stanno nelle direttive ma nella delega “nazionale” e dovrebbero forse aspettare il secondo tempo. Una novità che risulterebbe clamorosa considerando che il trasferimento di poteri regolatori a Cantone è il «cuore» della riforma voluta dal Senato e questi poteri sarebbero ulteriormente rafforzati dalla cancellazione del regolamento, ipotesi su cui per altro, le posizioni emerse anche ieri sono più convergenti. A Varenna anche Antonella Manzione, che come coordinatrice della commissione che dovrà scrivere il testo attuativo della delega, ha un ruolo centrale nel percorso. «La commissione ha valutato questa opzione in sede tecnica - dice Manzione - e ritiene che si possa attuare la delega con più decreti legislativi. Per certi versi il percorso sarebbe più lineare e consentirebbe di introdurre nell’ordinamento al meglio le innovazioni contenute nelle direttive. Il secondo decreto seguirebbe a breve, non comportando grandi problemi temporali. La decisione spetta ovviamente alla Camera, ma si dovrà tener conto della posizione del governo. Abbiamo anche considerato positivamente l’ipotesi della soppressione del regolamento».

Cantone ha rimarcato che «la vera svolta, per evitare di ritrovarci fra due anni ad affrontare le stesse questioni, sarebbe data da un solo provvedimento che tenesse insieme recepimento delle direttive e riordino del codice, eliminando al tempo stesso il regolamento e lasciando spazio a una soft regulation che avrebbe il grande vantaggio di avvicinare le regole agli operatori». Le delibere di soft regulation di Anac sono infatti sottoposte a procedimento di consultazione che non c’è nel regolamento «lontano dalle esigenze degli operatori». Sulla necessità di semplificare e stabilizzare anche il presidente del Consiglio di Stato, Giorgio Giovannini, che ha ricordato come solo il 42% delle norme dell’attuale codice del 2006 sia rimasto stabile.

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