Economia

Pompei esporta il modello di protesta

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Pompei esporta il modello di protesta

POMPEI - Le guide improvvisate che nel dopoguerra, dietro lauta mancia, accompagnavano i turisti negli scavi ripetevano spesso la stessa frase: Pompei è una piccola Roma. Quello che è accaduto ieri al Colosseo per una volta ribalta la prospettiva: è Roma a essere una grande Pompei.

Perché è ai piedi del Vesuvio che le assemblee dei lavoratori, istituti di democrazia partecipativa figli di quelli che una volta si chiamavano consigli di fabbrica, si sono trasformate per la prima volta in format di protesta indiretta, occasioni per discutere dei problemi dei dipendenti e, al tempo stesso, fare sentire la propria voce creando disagio all’utenza. Che nel caso di Pompei significa alcune migliaia di turisti costretti ad aspettare ai cancelli, magari al sole.

L’ultimo caso risale al luglio scorso, quando i custodi degli scavi, in agitazione per temi che andavano dai progetti di produttività (i soldi del salario accessorio che non arrivano puntuali) alla turnazione, chiusero il sito per due ore facendo infuriare anche in quell’occasione il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini che parlò di «danno incalcolabile». Quello precedente all’estate del 2014 e poi ancora all’autunno del 2013, giorni di crolli e del braccio di ferro interno al governo Letta per la scelta del direttore generale del Grande progetto. E via a risalire indietro per la storia degli ultimi 31 anni, con l’area archeologica che è stata teatro di qualcosa come 240 assemblee con relative aperture in ritardo ai turisti.

Tutto parte nel 1984 e non è un caso: comincia lì l’attività sindacale di Antonio Pepe, 63 anni, capo carismatico delle rsu, ideatore di questa forma di agitazione che ieri ha sconfinato nella Città Eterna. Ha cambiato più volte sigla negli anni – Cisl, Uil, poi di nuovo Cisl –, è stato protagonista di accesi duelli dialettici con l’ex soprintendente Pietro Giovanni Guzzo, ha fatto infuriare ministri («Preferirei non parlare», disse di lui Franceschini) e segretari confederali. La Cisl, negli ultimi due anni, gli ha ritirato due volte il mandato, «ma io – commenta oggi – lavoro per i lavoratori e i lavoratori sono con me». Non lo dice espressamente ma per lui è una specie di rivincita vedere che Cgil, Cisl e Uil, polemiche nei confronti delle ultime assemblee a Pompei, corrano ora in soccorso dei colleghi romani. «I lavoratori di Pompei e del Colosseo – scrive in un comunicato – dovrebbero ricevere pubblico elogio per aver fatto emergere solo un po’ di quello che accade e di quello che si prepara se continuerà la politica di austerità». I problemi dei due siti, secondo la sua analisi, sono più simili di quello che sembra.

@MrPriscus

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