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Dossier Il business allarga i suoi confini

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    Dossier | N. 5 articoliRapporto Industria ceramica

    Il business allarga i suoi confini

    «L'Italia produce in media, ogni anno, 360 milioni di metri quadrati di ceramica. La Cina 8 miliardi. È evidente che la partita si gioca solo sull'alto di gamma». Per Filippo Manuzzi, brand manager di Ceramica Sant'Agostino (335 addetti e 55 milioni di un fatturato che ancora risente del sisma in Emilia di tre anni fa e che per il 70% deriva dall'export in 100 Paesi) la piastrella italiana può andare ovunque nel mondo. Basta che non sia un prodotto medio. Anche in Sudafrica, dove Sant'Agostino vende da 40 anni e da dove, nel medio periodo, guarda alle élite in rapida crescita di Angola, Mozambico e Botswana.

    Il baricentro resta saldamente nel perimetro dell'Unione europea, dove si concentrano il 52% delle vendite oltreconfine. Ma la bussola oscilla e guarda anche altrove: Stati Uniti, innanzitutto. Ma anche Emirati e Arabia Saudita. Si chiama proprio «Bussole mercati» lo strumento di market intelligence che da qualche anno il comparto della ceramica utilizza non solo e non tanto per individuare in quali mercati ha venduto di più. Piuttosto, spiega Giuseppe Schirone, della società di analisi Prometeia «per delineare una mappatura dinamica delle opportunità potenziali per l'export offerte dai mercati». Tradotto, dove ci sono le condizioni migliori per vendere meglio su una prospettiva di 3-4 anni. Una classifica che tiene conto non solo di quante piastrelle quei mercati assorbono, ma anche di quanto cresceranno l'upper class, il Pil, il mercato dell'edilizia (pubblica e privata) e gli investimenti nel turismo e nelle infrastrutture.

    Per il periodo 2014-2018, la “corona” di miglior paese target va alla Gran Bretagna. Il traino è l'effervescenza della crescita economica Oltremanica e del mercato delle costruzioni della City, che fa il paio con la forte presenza di una comunità russa abbiente e una concentrazione di grandi studi professionali e di archistar che poi realizzano progetti d'avanguardia sulle “piazze” internazionali più interessanti. Poco dietro, in classifica, anche Irlanda e Svezia, tallonate, a distanza, da Francia e Svizzera. La ceramica italiana è fatta soprattutto di Pmi. Più che le mega forniture per aeroporti, stazioni o grattacieli-uffici (per cui le economie di scala premiano il prodotto meno caro e anche meno “pregiato” di cinesi e turchi), la ceramica italiana punta, per lo più, ai progetti edilizi privati d'alta gamma.

    «La domanda di ceramica – spiega Vittorio Borelli, presidente di Confindustria Ceramica – è in costante crescita. Dal 2007, a livello mondiale, assistiamo ad un aumento medio del 5% all'anno. Un fenomeno positivo che ha portato con sé anche una significativa crescita dei produttori, con la necessità di affilare le armi nella competizione internazionale». Un tempo il competitor era la vicina Spagna. Oggi la concorrenza è targata soprattutto Asia e Sudamerica. Arriva da Paesi lontani come la Cina, la Malesia, Taiwan, il Brasile. E impone continua innovazione tecnologica e formazione professionale. «Le nostre aziende non hanno mai smesso di investire nemmeno negli anni della crisi – prosegue Borelli – ma adesso siamo di fronte a una decisa accelerazione».

    Restando in Europa, sempre attraverso la “lente” delle bussole, non sorprende la caduta della Russia, scivolata dal 34° posto di 2 anni fa al 51° di quest'ultima proiezione. Colpa dell'avvitamento dell'economia, del crollo del rublo e delle sanzioni economiche che hanno aggravato una crisi economica già in atto. «Il mercato russo veniva da anni di grande crescita – ha sottolineato Andrea Ligabue, presidente di Etruria Design (5 milioni di euro di fatturato e 14 addetti che esporta per il 50%, di cui la metà solo in Russia) –. Ma quest'anno abbiamo avuto una flessione del 40% circa. Se il prezzo medio al metro quadro è attorno ai 12 euro, noi vendiamo a 75. Alto di gamma. Prima se la ceramica era italiana la acquistavano senza farsi domande. Oggi si chiedono: ma li vale? La crisi è transitoria ma non so se gli acquisti torneranno ai livelli precedenti. Noi continuiamo a investire e crederci». Per il resto, conclude Ligabue, «vendiamo soprattuto in Nord Europa. Anche per un motivo molto semplice. Migliaia di metri quadri di piastrelle sono un carico “pesante” sui cui i costi di trasporto incidono parecchio. E per chi fa “alto di gamma” anche di più».

    Per fortuna, ci sono gli Usa, primo Paese non europeo nel ranking dei mercati potenziali. Nel 2014 il consumo complessivo di piastrelle italiane negli Usa ha messo agli atti un +0,5%, a 231,4 milioni di metri quadrati, dopo il balzo (+12,9%) dell'anno precedente. In termini di valore, si sono raggiunti, per la prima volta, i 3 miliardi di dollari. Anche se il mercato va visto in rospettiva. Il superdollaro sta aiutando le esportazioni italiane («a marzo 2015 gli arrivi di ceramica italiana ai porti erano già cresciuti del 27% in tonnellaggio) e bisognerà capire se entro il 2016 il Ttip (il trattato di libero scambio tra Usa e Ue) ridurrà ulteriormente dazi e barriere non tariffarie.

    «Quattro anni fa abbiamo dovuto ristrutturare l'intera rete del mercato statunitense – haq precisato Simnone Gentili, brand manager di Gambini Group (85 milioni di euro di nfatturato e circa 400 diopendenti) – spostandoci dal solo mondo retail a un sistema di distribuzione evendita che ha eliminato gli intermediari e sviluppato il rapporto con gli studi di architettura che operano per il residenziale, sia negli Usa che in progetti internaqzionali». Se lo sguardio si allarga ai nuovi mercati, il ranking globale 2014 vede due paesi del Golfo - Emirati Arabi ed Arabia Saudita, subito alle spalle della Cina (primo emergente in classifica) sul podio delle maggiori opportunità. «Qui il driver è il mercato delle costruzioni – sottolinea Leonardo Levoni, titolare di Elios (80 addetti e 15 milioni di fatturato per il 70% da export di piastrelle domestiche). Il Medio Oriente conta per il 10% e serviamo distributori locali che prendono parte allo sviluppo dei grandi progetti degli studi internazionali di architettura. Nelle abitazioni o negli spazi privati spicca la qualità dei marmi, della pietra, dei nostri materiali lucidi. Quello arabo è un mercato aperto anche a cinesi, spagnoli e turchi. Ho clienti che avevano preferito a noi il “Made in China”. Sono tutti tornati al “Made in Sassuolo”».

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