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Dossier Il record dell'export rilancia le vendite

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    Dossier | N. 5 articoliRapporto Industria ceramica

    Il record dell'export rilancia le vendite

    Neppure ai tempi d'oro, nemmeno prima della crisi. Mai così tonico l'export di piastrelle italiane, in grado nel secondo trimestre del 2015 di sfondare di slancio quota un miliardo di euro, il massimo di sempre nelle rilevazioni dell'Istat, disponibili dal 1991. Una corsa “targata” soprattutto dollaro perché è negli Usa, grazie alla rivalutazione della moneta di Washington, che si realizza la performance migliore, un balzo di oltre 30 punti nel primo semestre. Periodo in cui l'export globale cresce di quasi un punto nei volumi ma di cinque nei valori, rendendo più che abbordabile il ritorno del settore oltre quota cinque miliardi di euro di ricavi, livello abbandonato nel 2008 e mai più ritrovato.

    «È un segnale importante - spiega il presidente di Confindustria Ceramica, Vittorio Borelli - e crediamo di poter confermare questo andamento per l'intero anno. Per un settore come il nostro, che esporta l'80% della produzione, è cruciale mantenere questi successi oltreconfine, sintetizzati nel 30% di quota di mercato mondiale per i prodotti di fascia alta». Un trend che prosegue, come dimostra l'aumento dei prezzi medi in quasi tutte le aree di export, non solo là dove la svalutazione dell'euro, come negli Stati Uniti, ha fatto lievitare quasi “in automatico” le entrate dei produttori. L'output nazionale è “prezzato” al massimo storico di quasi 14 euro al metro quadro sui mercati mondiali, il top nella categoria, con segnali interessanti in arrivo anche dai paesi che vedono volumi in caduta, come in Russia, dove a fronte di quantità esportate poco meno che dimezzate si conferma un prezzo medio quasi doppio rispetto alla media.

    La corsa di Washington, che regala in sei mesi 319 milioni di ricavi ai nostri produttori, per fortuna non è isolata, con numerosi paesi europei in crescita a doppia cifra, dalla Spagna al Regno Unito; dai Paesi Bassi alla Grecia. Determinante però è la ripresa in Germania (+6,5%), in grado di compensare la caduta simmetrica del nostro primo mercato di sbocco, cioè la Francia.

    Tutto bene dunque? Non proprio, perché alla corsa dell'export continua a fare da contraltare la debolezza del mercato interno, responsabile in pochi anni di aver fatto sparire dai radar delle aziende novanta chilometri quadrati di prodotto, la metà dell'intera domanda nazionale, l'equivalente di 800 milioni di euro di mancati ricavi ai prezzi attuali. Dopo il calo del 5% lo scorso anno, tra gennaio e giugno la frenata in Italia è dell'1,4% per i ricavi, dello 0,7% nei volumi. «L'edilizia non è ancora ripartita - spiega Borelli - e per ora stiamo vedendo solo qualche segnale di stabilizzazione, che ovviamente non basta. Se si vuole davvero tornare a crescere è fondamentale che il Governo mantenga le promesse fatte, riducendo la tassazione sulla prima casa. L'eccesso di fiscalità ha fatto “piantare” il settore e questo, come si vede, sta avendo un effetto pesante sull'indotto». I numeri sono del resto eloquenti: dalle 189mila nuove case costruite in Italia nel 2001 si è scesi alle 47mila del 2014, un crollo del 75% che si è riverberato sull'intera filiera.

    E se il calo delle vendite di piastrelle in Italia è stato meno che proporzionale, lo si deve alla capacità innovativa dei produttori, soprattutto attraverso la creazione di un mix di formati, spessori, colori e caratteristiche in grado di ampliare le possibilità di utilizzo del prodotto, sfruttando le piastrelle per ogni ambiente interno o rivestimento esterno. Innovazioni che portano a produrre ad esempio lastre lunghe oltre tre metri, oppure spesse appena tre millimetri e che ovviamente costano. Ma a cui le imprese non hanno mai rinunciato, mettendo sul piatto lo scorso anno oltre 280 milioni di euro per nuovi investimenti, quasi altrettanti nel 2015. «Tutti noi sappiamo bene che per competere occorre innovare - spiega Borelli - e investire è la chiave per avere prodotti innovativi e fabbriche più efficienti: il distretto ceramico di Sassuolo resta vivo e vitale, dimostrando anno dopo anno di essere il polo mondiale principale per il prodotto di qualità».

    Euro, tassi e petrolio in versione “bonsai” migliorano senza dubbio le condizioni competitive dei produttori di piastrelle, che però chiedono alla politica di non abbassare la guardia sulle riforme. «L'attenzione all'impresa deve restare alta - spiega Borelli - perché il contesto esterno favorevole è in un certo senso un “regalo” dall'alto. Dobbiamo essere veloci per incassare questi dividendi, proseguendo con le riforme, a partire dal completamento del riordino della Pubblica amministrazione. O ancora riducendo in modo strutturale le tasse, ad esempio sull'energia. Che pur in presenza di una materia prima ora a buon mercato continua per noi ad essere più cara rispetto a quanto accade ai nostri competitor». Interventi necessari anche sul fronte delle regole europee, con l'approssimarsi della scadenza (primavera 2016) dei dazi imposti sulle piastrelle cinesi, variabili oggi tra il 30,6 e il 69,7%. «La proroga è necessaria - scandisce Borelli - per evitare di essere invasi da prodotti venduti sottocosto. Anche se a mio avviso i requisiti mancano nel modo più assoluto, il rischio è che la Cina ottenga lo status di economia di mercato, rendendo così più difficile l'imposizione di sanzioni. È il momento di tenere alta la guardia: chiediamo alla politica di stare con noi, al fianco delle imprese». Che tra pochi giorni, dal 28 settembre al 2 ottobre, saranno di scena nella vetrina bolognese di Cersaie, principale rassegna mondiale del comparto, forte di 860 espositori distribuiti in 156mila metri quadri di esposizione.

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