“Tutti i cantieri che avevano disertato il Salone nautico negli ultimi anni, per questa edizione sono tornati”. A spiegarlo è Anton Francesco Albertoni, alla guida de I Saloni Nautici, la società di Ucina che gestisce la kermesse di Genova. Albertoni, ex presidente della Confindustria nautica, traccia un primo bilancio dell'esposizione giunta a metà del suo percorso (apertasi il 30 settembre si chiuderà il 5 ottobre).
“Siamo al giro di boa e, anche se il tempo non ci ha aiutato (da due giorni la manifestazione è sotto la pioggia, ndr), abbiamo un'impressione positiva. Rispetto all'anno scorso, i 768 espositori presenti in quest'edizione, occupano maggiori spazi. E i cantieri sono tornati tutti. Quelli che per un anno o due hanno scelto di non essere a Genova, magari perché non c'erano le condizioni economiche o magari solo per una scelta sbagliata, oggi sono presenti. Ci dispiace, invece, che manchi Ferretti”.
Intanto, da un meeting su norme e nautica tenutosi proprio al salone emerge una criticità per il comparto: molti maxiyacht costruiti da cantieri italiani per clienti di Paesi non europei si trasferiscono, per via di regole doganali penalizzanti, nei porti turistici della Turchia o di altri Paesi, anziché restare sulle coste italiane, come invece un tempo facevano.
All'incontro in questione hanno partecipato, oltre a rappresentanti di Ucina, esponenti dell'agenzia delle dogane e delle entrate.
Il problema, è stato sottolineato, è particolarmente sentito dagli operatori in un momento in cui il 93% della produzione italiana di imbarcazioni è destinata all'estero. Non appena una barca di un armatore extra Ue viene varata in acque nazionali, l'acquirente deve lasciare le acque europee entro 90 giorni, perché viene acquistata in regime di export e quindi non paga l'Iva in Italia. Senonché per poter accertare che l'imbarcazione è effettivamente uscita oltre le 12 miglia le dogane chiedono una prova di ormeggio in un paese extracomunitario.
“Gli armatori - ha spiegato Maurizio Balducci (Overmarine) vicepresidente di Ucina – prima andavano in Tunisia, il Paese più vicino nel Tirreno, e poi tornavano. Ora, vista la situazione politica dell'area, sono costretti ad andare più lontano, ad esempio in Turchia o in altri porti extracomunitari. Poi, visto che i posti sono belli e che il trasferimento è costato in termini di carburante, non tornano più indietro”.
Una soluzione, è stato evidenziato nel corso dell'incontro, potrebbe essere che le dogane accettino delle “prove sostitutive “ all'ormeggio in un porto extra Ue. “L'iscrizione nel registro di una nazione straniere o una dichiarazione di esportazione dovrebbe bastare”, ha commentato Balducci. Dall'Agenzia delle dogane è arrivata la disponibilità ad aprire un tavolo per trovare una soluzione al problema.
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