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Pomodoro, nessun surplus

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Industria

Pomodoro, nessun surplus

Cessato allarme per il pomodoro da industria in Italia. Almeno sul piano produttivo, visto che i timori di un aumento circolati in estate, con possibili effetti negativi sui prezzi, a campagna praticamente finita vengono ora allontanati dagli stessi operatori. Tra Emilia Romagna e Lombardia, dove si concentra oltre l'80% della produzione, l'Organismo interprofessionale (Oi) «Pomodoro da industria del Nord Italia» parla infatti di un «sostanziale rispetto della programmazione»: con un quantitativo consegnato dai produttori alle industrie di 2,57 milioni di tonnellate, in linea con l'obiettivo di trasformazione che le parti avevano concordato per quest'anno tra 2,45 e 2,65 milioni di tonnellate.

Niente surplus con conseguenti squilibri di mercato, dunque, in un'annata «regolare nei conferimenti grazie a una buona pianificazione delle Organizzazioni dei produttori. Col risultato aggiuntivo di una «buona qualità» e un grado zuccherino dei pomodori superiore a quello degli ultimi quattro anni.

Al Sud la campagna dovrebbe chiudersi con 2,65 milioni di tonnellate di pomodoro lavorato, a fronte di un tetto massimo indicato in 2,80 milioni. In Italia, nel complesso, sono attesi quindi 5,2 milioni di tonnellate, contro i 4,9 milioni dell'anno scorso.

Ma intanto sul settore del pomodoro - l'Italia è terzo produttore mondiale, dopo Cina e Stati Uniti, con un giro d'affari di oltre 3,2 miliardi, di cui almeno il 60% realizzati all'estero - nei giorni scorsi è arrivata una sentenza della Corte di giustizia Ue che fa discutere. E che continua a vedere contrapposte le aziende di trasformazione cooperative e quelle private. Con le prime, per lo più costituite in Op, che hanno la possibilità di ottenere gli aiuti previsti dall'Organizzazione comune di mercato dell'ortofrutta. E le seconde, rappresentate dalle associazioni nazionali Aiipa e Anicav, che non avendone diritto contestano le regole Ue e la disparità di trattamento. Una disputa aperta sei anni fa dalla francese Bonduelle, e subito cavalcata dalle imprese di trasformazione italiane, con un pressing sulla Commissione europea finalizzato a modificare la norma che - secondo loro - di fatto crea un vantaggio competitivo per le cooperative. La posta in gioco del resto è alta. L'anno scorso il settore ortofrutticolo in Italia ha attivato aiuti comunitari per circa 225 milioni. E il plafond solo per il pomodoro da industria supera i 180 milioni.

La Corte Ue, con una prima sentenza del 2013 aveva dato speranza alle industrie private, stabilendo che gli aiuti sono destinati ai produttori agricoli, e non alle fasi successive della trasformazione e della commercializzazione. Di fatto, lasciando in sospeso le cooperative che raccolgono il pomodoro dai propri associati e lo trasformano. Ma ora la nuova sentenza ha stabilito che gli aiuti dell'Ocm destinati alle coop sono legittimi e non determinano alcuno svantaggio per i trasformatori.

In realtà, dice Francesco Mutti, di Aiipa, «la Corte di giustizia ha ritenuto il caso come irricevibile e non entra nel merito dei contenuti. Per questo ci sentiamo pienamente legittimati a proseguire la nostra azione contro queste norme». «La nostra azione - aggiunge Giovanni De Angelis, direttore di Anicav - non è assolutamente contro le Op o le cooperative, ma è una giusta iniziativa che porteremo avanti per riaffermare il principio di uguaglianza». La battaglia dell'«oro rosso» continua. Dice Giorgio Mercuri, presidente di Fedagri-Confcooperative: «L'Ocm ortofrutticola parla chiaro: i sostegni vanno dati ai produttori agricoli, ma a beneficiarne sono anche le aziende di trasformazione. E le nostre cooperative, che ottengono aiuti pari al 4,1% della produzione vendibile commercializzata da loro stesse come Op li reinvestono in progetti di miglioramento attraverso i programmi operativi».