Economia

3/11 Expats, le regole d’oro / Meno tasse, ma siamo sicuri?

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    mobilità internazionale

    Lavoro all’estero, le dieci regole d'oro per fare un «check-up» efficace

    Le fiscalità dei Paesi coinvolti, le indicazioni del business o le strette tempistiche sono elementi che spesso non aiutano il difficile compito degli Hr che si trovano, nei casi in cui non esistano politiche aziendali dedicate, a gestire con una modalità ad hoc ciascun espatrio. La trasparenza verso il dipendente è, anche in questa occasione, un fattore di primaria importanza in quanto può essere controproducente nel lungo periodo se non si rende chiaro che il beneficio in termini di entrate nette, dovuto al “pacchetto di espatrio”, costituito da indennità e benefit temporanei finalizzati a remunerare il potenziale disagio del dipendente legato al trasferimento, è da considerarsi unicamente per la durata della permanenza all'estero. Molte multinazionali hanno da tempo neutralizzato la variabile fiscale adottando regole di parificazione fiscale senza le quali sarebbero potuti emergere possibili problemi nell'uniformità del trattamento: si pensi al diverso effetto che aliquote vigenti nel Paese estero di assegnazione, ad esempio del 13% o del 50%, potrebbero avere sul netto del dipendente se così non fosse.

    La policy non deve però essere rigida, ma contemplare dei “pacchetti di espatrio” omogenei per tipologia di assegnazione (ad esempio breve o lungo termine) oltre che indennità e benefit idonei al tipo di mobilità e alle esigenze aziendali.

    Chiaramente, un adeguato benchmark per comprendere cosa offrono e di quali policy si sono dotate le aziende sul mercato, è d'obbligo nel caso in cui si voglia procedere alla revisione delle proprie regole di mobilità internazionale o si voglia scriverne una nuova.
    Lato dipendente potrebbe essere sicuramente utile ricevere una copia della policy applicabile nel caso della sua assegnazione all'estero in modo da comprenderne appieno i contenuti, fiscali e non.

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