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Dossier L'efficienza idrica bussa alle porte delle aziende

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    Dossier | N. 5 articoliRapporto Sviluppo sostenibile

    L'efficienza idrica bussa alle porte delle aziende

    L'acqua è una risorsa limitata e in alcune aree del mondo sempre più scarsa. Se oggi sono 800 milioni le persone a corto di acqua (11% dell'umanità), concentrate soprattutto in Africa, Asia e America Latina, nel 2050 saranno 4 miliardi (45% dell'umanità) in base alle previsioni della Banca Mondiale. Anche in Italia in vaste zone del Meridione le forniture sono spesso erratiche, mentre al Nord si fanno sentire i primi conflitti tra agricoltori e settore idroelettrico.

    L'utilizzo sostenibile dell'acqua, quindi, è un punto importante in qualsiasi processo produttivo attento all'ambiente. Per chi la usa solo negli impianti di raffreddamento, il riutilizzo è più semplice: basta convogliarla con dei tubi là dove l'acqua calda può essere utile. Per le aziende che invece la sporcano nei loro processi produttivi, si tratta di aggiungere dei sistemi di depurazione e di rimetterla in circolo.

    «La domanda d'acqua cresce e ci si aspetta che continui a farlo. È un problema meno lontano di quanto possa sembrare», fa notare Nicola Privato, responsabile per il Sud Europa di Dnv Gl, una delle più grandi società di certificazione ambientale del mondo, con sede centrale a Oslo e leader in Italia nelle valutazioni dell'impronta idrica aziendale. Dnv Gl ha condotto un'indagine internazionale sulla gestione dell'acqua da parte delle imprese, insieme all'Unido, l'Organizzazione delle Nazioni unite per lo sviluppo industriale, presentata ad Aquae 2015, la sezione veneziana di Expo 2015. «Un utilizzo efficiente delle risorse - precisa Privato - non è mai stato così necessario. Senza un'inversione di rotta, la carenza si farà presto sentire anche in quei Paesi, come l'Italia, che fino ad oggi hanno potuto contare su disponibilità discrete. Le aziende italiane hanno l'opportunità di farsi portatrici di questa sensibilità, contribuendo a diffonderla sul territorio e traendone grandi benefici, in termini di risparmio e di risposta alla richiesta di comportamenti sostenibili da parte del mercato».

    Dall'indagine, che ha coinvolto 1.907 imprese di differenti settori in Europa, America e Asia, emerge che l'approvvigionamento idrico è indiscutibilmente un tema centrale, soprattutto in relazione all'efficienza dei consumi. Molte aziende hanno adottato misure ad hoc e sarebbero portate a fare ancora di più. Un gruppo di aziende leader – il 6% delle circa 2.000 intervistate - è già un passo avanti e gestisce le risorse idriche con un approccio lungimirante.

    «Per quanto riguarda l'Italia, c'è ancora molto da fare», spiega Gabriella Chiellino, presidente di eAmbiente e coordinatrice di Aquae 2015. Tra le aziende italiane intervistate il 57% ritiene che le problematiche relative all'acqua possano avere un impatto sulle proprie strategie di business - contro una media europea del 65% e mondiale del 75% - mentre il 40% dichiara di non essere nemmeno informato sulla legislazione specifica in materia di acqua. Solo un'azienda su tre ha una policy per il water management e una su quattro si pone degli obiettivi specifici. Le attività intraprese sono legate alla misurazione (21%) e all'efficienza dei consumi (17%). A spingere le aziende a occuparsi di water management non sono tanto i clienti (2%) o gli altri stakeholder (5%), ma più semplicemente il rispetto delle normative o delle politiche interne (22%). Nonostante un'attenzione diffusa per l'efficienza dei consumi, tra le motivazioni gli aspetti economici pesano la metà rispetto a quanto avviene a livello mondiale, probabilmente per via di costi di approvvigionamento non proibitivi.

    «In Italia l'acqua costa spesso meno di un euro al metro cubo, contro una media di 3 euro in Europa e l'imprenditore in genere si muove solo se c'è una spinta economica», rileva Chiellino, toccando un punto dolente del sistema idrico italiano, che viene ampiamente trattato anche in questi giorni al Festival dell'Acqua di Milano, organizzato da Utilitalia, l'associazione che riunisce le utility italiane. «Ecco perché - aggiunge Chiellino - proponiamo da tempo all'Authority di creare dei certificati blu per premiare l'efficienza idrica delle imprese, simili ai certificati bianchi, che riconoscono le misure di efficienza energetica. In questo modo, ci sarebbe un incentivo tangibile al taglio dei consumi di acqua».

    Per il futuro, emergono segnali di un maggiore impegno. Il 32% delle aziende italiane intervistate dichiara l'intenzione di aumentare gli investimenti in materia di water management nei prossimi cinque anni. «Il punto fondamentale - spiega Chiellino - sono le misurazioni: in Italia sarebbe già un enorme passo avanti far funzionare le misurazioni in entrata e in uscita, che oggi spesso non funzionano, ma per una gestione veramente efficiente ogni azienda dovrebbe valutare in maniera dettagliata la propria impronta idrica. Solo a partire da questa si possono definire le strategie di riduzione». Chi lo fa, ha ricadute importanti. «Gli imprenditori più proattivi - dice Chiellino - stanno ottenendo significativi vantaggi competitivi, come dimostrano i fatturati di società come Barilla e Mutti, solo per citare due aziende note nel mondo, che hanno basato propri interventi sul protocollo di calcolo sviluppato dal Water footprint network». Per le altre imprese, c'è ampio margine di miglioramento.

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