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Dossier La città sostenibile ha una marcia in più

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    Dossier | N. 5 articoliRapporto Sviluppo sostenibile

    La città sostenibile ha una marcia in più

    La sostenibilità è un fattore di sviluppo per la città ed incide sulla sua reputazione più delle tecnologie e dei trasporti disponibili. Questo risulta da uno studio con interviste a cittadini del mondo sulla reputazione delle maggiori città del pianeta, realizzato dalla società leader di questo genere di indagini, il Reputation institute.

    La vera smart city, dunque, non si esaurisce nei servizi interattivi offerti o nella diffusione della banda larga: per essere davvero “intelligente” deve dimostrare di essere governata da politiche ambientali all'avanguardia e dal rispetto della bellezza dei luoghi e della natura. Le città che sfruttano questa leva di competitività attirano i talenti migliori, gli investimenti, i turisti e i loro acquisti. Strappando quote di introiti (con benefici anche sugli incassi del Fisco, di riflesso) alle città giudicate poco sostenibili. Tutto nero su bianco, nello studio sulla reputazione delle città sulla sostenibilità, estrapolato in esclusiva per Il Sole 24 Ore dal più ampio City RepTrak study 2015, che sarà diffuso a fine mese (basato su 22mila interviste ad abitanti dei Paesi del G8). «L'attuazione di politiche sostenibili è uno dei 13 fattori che influenzano la reputazione delle città ed è il quinto per importanza, più rilevante della stabilità economica o delle infrastrutture: ciò significa che i cittadini del mondo attribuiscono parecchio valore al tema sostenibilità», spiega Michele Tesoro-Tess, managing director di Reputation institute Italy & Middle East.

    Per comprendere il vantaggio competitivo creato da efficaci politiche urbane green, basta guardare all'impatto su alcuni parametri chiave del Prodotto interno lordo. «Dallo studio 2015 risulta che un aumento di 5 punti in sustainability performance da parte di una città corrisponde a una propensione dei cittadini mondiali a incrementare in quel luogo gli investimenti (del 3,9%), i viaggi (del 5,6%), lo shopping (del 4,7%)», spiega Tesoro-Tess. Aggiungendo che l'impatto sul Pil diventa tangibile quando dalle intenzioni si passa ai fatti. Quindi la scelta della destinazione per una vacanza o la selezione di un luogo per un insediamento aziendale o la programmazione del trasferimento in un posto “cool” da parte di un talento. Ad esempio Stoccolma, la città leader tra le 100 città del mondo esaminate sotto il profilo della reputazione green, può contare su un 43% dei cittadini del mondo intervistati che investirebbe nella città, su un 65% che la visiterebbe in vacanza, su un 49% che andrebbe lì a vivere. Se guardiamo invece a Milano, prima delle italiane insieme a Roma - entrambe al 37esimo posto -, il 31% investirebbe nella città, il 59% la visiterebbe, il 34% ci vivrebbe. Si può fare di più, quindi, per migliorare la percezione delle politiche green delle due italiane (e forse anche le politiche in sé).

    Scorrendo la Top 50 delle città giudicate in base alla sostenibilità percepita, nel 2015 è balzata al comando Stoccolma, scalzando Monaco di Baviera, davanti alle australiane Melbourne e a Sydney, che storicamente hanno sempre avuto performance eccellenti. Al settimo posto, Londra (e il dato ha fatto discutere al convegno Global alliance-Ferpi su «Food, sustainability and communication» organizzato a Milano, che ha messo a confronto le politiche milanesi e quelle della capitale britannica). Bene anche le canadesi Montreal (14esima) e Vancouver (18esima). Quest'ultima, sta diventando una stella internazionale della sostenibilità. Dal 2011 sta trasformando in realtà l'ambizioso «Greenest city 2020 action plan», avvicinandosi all'obiettivo di diventare entro il 2020 la città più ecologica al mondo. Dieci gli obiettivi da raggiungere, in diversi ambiti: green economy, leadership sui cambiamenti climatici, green building, trasporti sostenibili, zero sprechi, accesso a spazi verdi, impronta ecologica più leggera, acqua e aria pulita, prevalenza di alimenti locali. Vancouver ha già realizzato più dell'80% delle azioni prioritarie fissate nel 2011 per raggiungere i 10 obiettivi. Vincendo 9 premi negli ultimi due anni per la vivibilità e la sostenibilità.

    Tornando alla classifica del Reputation institute, l'Europa ne esce bene: 7 città tra le top 10 sono nel Vecchio continente (oltre a Stoccolma, ci sono Ginevra, Copenhagen, Berlino, Londra, Zurigo e Oslo, tallonata da Amsterdam all'11esima posizione). Gli Stati Uniti piazzano New York al 12esimo posto, San Francisco al 13esimo e Los Angeles al 19esimo, più in basso Seattle, Washington DC, Boston e altre cinque. Male l'Asia, percepita come poco sensibile ai gravi problemi ambientali che ne affliggono vaste aree: solo tre città rientrano nella top 50 (Tokyo, Singapore e Osaka). Una classifica dove sul fondo, al 48esimo posto, c'è Firenze e dove spicca per la sua assenza Venezia, star del turismo mondiale.

    Che fare per accrescere la reputazione green delle città? Tre cose ovvie, ma difficili da realizzare senza un forte impegno del Governo centrale, dei cittadini e delle imprese. Primo: studiare un piano condiviso e articolato di politiche efficaci a difesa dell'ambiente e della vivibilità. Secondo: attuarlo con coerenza, accollandosi anche investimenti (non costi) extra. Terzo: comunicare i miglioramenti raggiunti con una forte azione di marketing internazionale.«Troppe volte abbiamo visto città, Paesi e anche aziende realizzare cose eccellenti nell'ambito della sostenibilità senza poi renderle note al mondo: così i risultati si affievoliscono e l'entusiasmo si smorza; solo facendo sistema, tra pubblico e privato, tra Governi e cittadini, la sostenibilità può diventare una leva di extra-Pil», conclude Tesoro-Tess.

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