Economia

Le imprese marchigiane cercano la svolta all’estero

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COMPETITIVITÀ

Le imprese marchigiane cercano la svolta all’estero

Una transizione infinita. Dove a fianco alle realtà più manageriali e strutturate che hanno trovato nell’export nuovi “motori” per la redditività, resistono imprese più piccole, familiari, certo agili ma anche più fragili quando si tratta di attuare strategie di mercato complesse e diversificate. È la fotografia del tessuto imprenditoriale marchigiano che cerca faticosamente di uscire dalla crisi, guardando soprattutto all’export, scattata dalla Fondazione Aristide Merloni per la 29° edizione della classifica delle imprese marchigiane.

L’analisi dei risultati aggregati è condotta prendendo in considerazione i
bilanci ordinari delle società manifatturiere. Invariate, rispetto all’anno scorso, le prime 4 posizioni. Si confermano, nell’ordine, Indesit, Ariston, Tod’s e Acraf.
Fra la 5° e la 6° posizione c’è stata un’inversione di posizione
determinata dalla buona performance di crescita della Biesse, mentre la Elica ha
mantenuto lo stesso valore delle vendite del 2013. Anche fra la l’8° e la 9°
posizione vi è una inversione dovuta alla buona performance di crescita della
Poltrona Frau, mentre le imprese del gruppo Fileni (Fileni Simar e Carni Coop) registrano una leggera contrazione delle vendite.

Secondo la Fondazione Merloni, nel 2014 è continuata la fase recessiva iniziata nel secondo semestre del 2011 e che ha interessato soprattutto il mercato interno. Le vendite per il complesso delle imprese considerate nella Classifica sono rimaste sostanzialmente
stabili rispetto al 2013 (+0,1%), di poco inferiore a quanto segnalato da
Mediobanca per le principali imprese manifatturiere italiane (+1,1%) e per quelle
di media dimensione (+0,6%).
Al pari di quanto osservato nei due anni precedenti, anche nel 2014
l’andamento delle vendite ha mostrato segni opposti fra il mercato interno e quello
estero: nel primo si è avuta una riduzione delle vendite (-1,9%) mentre nei mercati
esteri si è registrato un leggero incremento (+2,5%). Andamenti simili si registrano
per le grandi e medie imprese italiane. Continua, in questo modo, ad
incrementarsi la propensione all’export delle imprese regionali: la quota di vendite
effettuate fuori dall’Italia passa dal 47,7% del 2013 al 48,4% del 2014.
E si vede nettamente che c’è chi corre e chi non riesce a risollevarsi dalla crisi. Da una parte le imprese che hanno superato il periodo di crisi e che negli ultimi anni hanno ripreso a crescere. Dall’altro, quelle che continuano a permanere in una situazione di difficoltà.

Ne è testimonianza l’elevato numero di imprese che ha avviato procedure di concordato
preventivo fra il 2010 e il 2013, e che nel 2014 continuano a presentare risultati
reddituali negativi.
Alla stagnazione delle vendite si è associata una leggera contrazione del
numero dei dipendenti (-0,3%). A fronte della riduzione degli operai (-1,5%)
continuano a crescere gli impiegati (+1,6%) ed i dirigenti (+15,3%). Gli operai
continuano però a rappresentare la quota maggiore degli occupati, pari a
circa i due terzi del totale (66,4%); gli impiegati sono circa un terzo (32,1%)
mentre i dirigenti costituiscono l’1,4%. La continua crescita di questi ultimi segnala
anche un progressivo mutamento dei modelli di governance delle imprese. Sono
sempre più numerose le imprese che, pur mantenendo la proprietà e il controllo
familiare, introducono manager esterni alla famiglia con funzioni di responsabilità
a livello di direzione generale o per specifiche funzioni aziendali.

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