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Dall’estero all'Italia, la Puglia lavora per far tornare le…

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Dall’estero all'Italia, la Puglia lavora per far tornare le imprese del tessile

Far tornare in Italia le produzioni tessili che, intorno al 2008-2010, hanno delocalizzato all’estero (Cina, ma anche Bulgaria, Romania, Turchia) essenzialmente per ragioni di costo. Il progetto si chiama “Reshoring” e si focalizza su due regioni, la Puglia al Sud e il Veneto al Nord, con l’apporto del Sistema Moda Italia, Confindustria, Pricewhaterhouse (che ha effettuato uno studio preliminare) e Governo nazionale col ministero dello Sviluppo economico. La Puglia ha già individuato tre aree nelle quali riportare pezzi di produzione e di attività che le aziende che, negli anni passati, hanno trasferito in altri Paesi: si tratta del Sud Est barese, dell’area di Martina Franca in provincia di Taranto (anche vicina allo stesso Sud Est di Bari) e del Salento. In quest’ultima area si calcola di favorire il rientro di almeno otto aziende capofila con una ricaduta di un’ottantina di contoterzisti e circa 500 addetti. Una-due realtà sarebbero invece interessate per l’area di Taranto. L’obiettivo è partire il prossimo anno predisponendo o affinando, a seconda dei casi, strumenti e condizioni che possano incentivare le imprese del tessile a compiere il percorso inverso a quello effettuato in precedenza. L’operazione ha finalità economiche ma anche occupazionali. Un confronto iniziale c’è già stato in Regione Puglia tra i soggetti coinvolti nel progetto “Reshoring” e l’assessore allo Sviluppo economico, Loredana Capone. Individuate le prime azioni da mettere in campo nel breve e medio periodo.
«Ieri la Cina poteva essere conveniente per una serie di ragioni, oggi, invece, il quadro economico è mutato, dal rapporto di cambio euro-dollaro al costo del lavoro – spiega Mario Mantovani, vice direttore Confindustria Taranto –, e quindi le imprese tessili valutano concretamente la possibilità di rientrare nelle aree dalle quali è partita la delocalizzazione».

Il mix di iniziative a favore delle imprese prevederebbe interventi per la formazione e la riqualificazione del personale, sviluppo delle tecnologie per far crescere la competitività del processo produttivo, riorganizzazione della filiera e controllo della qualità, riduzione del costo del lavoro utilizzando le possibilità offerte dagli sgravi e dal Jobs Act. Le risorse, invece, verrebbero dai contratti di programma e dai fondi europei, soprattutto dalla nuova programmazione. «L’intero settore – si legge in una nota di Confindustria Taranto – meriterebbe misure e incentivi più efficaci rispetto a quelli sinora adottati al fine di rafforzare, in particolare, i processi di internazionalizzazione». In particolare, è la proposta, servono aiuti agli investimenti in reti di imprese, consorzi e associazioni di pmi fermo restando le risorse Ue del ciclo 2014-2020. Confindustria Taranto chiede che si colgano i segnali di interesse manifestati dalle aziende e quindi si acceleri su questo versante, anche perché il settore, pur falcidiato dalla crisi degli anni passati, si sta riposizionando sul mercato nazionale e per volume di esportazioni rimane in testa nell’ambito del manifatturiero leggero.
Secondo gli ultimi dati, nel 2014 il tessile pugliese ha esportato prodotti per 290 milioni di euro, più 7,6 per cento sull'anno precedente, ma il primo trimestre 2015 vede il segno meno davanti a tutti i territori eccetto Brindisi, dove però il settore ha un peso marginale. Le aree di Bari e Bat esprimono il 60 per cento dell'export regionale, seguiti dal Salento col 18,6 e da Taranto con 15,5.

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