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Dossier Autostrade, tramonta l'epoca dell'«in house»

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    Dossier | N. 6 articoliRapporti24 / Infrastrutture & logistica

    Autostrade, tramonta l'epoca dell'«in house»

    Stop agli appalti gestiti tra le mura domestiche delle imprese di costruzione nate in casa. La riforma degli contratti pubblici in discussione alla Camera alza ancora l'asticella della concorrenza sul fronte degli investimenti dei concessionari autostradali (ma non solo) privati. Non basterà più come ora, mandare in gara il 60% degli appalti (era solo il 40% fino al 31 gennaio 2013). In futuro bisognerà garantire che almeno l'80% dei lavori di ampliamento e manutenzione della rete finisca sul mercato. Un delicato compromesso trovato alla Camera, dopo che il Senato aveva dato via libera alla scelta molto più radicale, avallata dal relatore Stefano Esposito, che obbligava i concessionari privati ad affidare con gara tutti i contratti relativi a lavori, servizi e forniture di importo superiore a 150mila euro. Senza ulteriori sconti.

    Con l'arrivo della riforma, che la delega fissa al più tardi entro il 31 luglio 2016, le 15 società a maggioranza privata che gestiscono 4.735 chilometri di rete (pari al 75% delle autostrade italiane) potranno assegnare in house alle proprie imprese solo il 20% dei lavori. Queste gare potranno essere anche di tipo semplificato. Ma - ed è questa è l'altra grande novità che arriverà con la riforma - a vigilare sul rispetto dei paletti a tutela della concorrenza ci sarà l'Anac di Raffaele Cantone. Mentre finora, il rispetto delle quote riservate per legge all'in house e quelle da portare sul mercato non è stato mai oggetto di controllo e verifica da parte di un soggetto pubblico.

    L'insieme di queste novità dovrebbe portare alla luce una consistente quota di lavori finora rimasta nascosta all'ombra del mercato protetto, arricchendo di qualche centinaio di milioni il mercato annuale delle opere pubbliche contendibili (anche dalle Pmi).
    L'associazione dei costruttori (Ance) stima che negli ultimi cinque anni di applicazione della regola dell'in house (tra il 2009 e il 2015) ammontino ad almeno 1,5 miliardi i lavori affidati senza gara alle imprese controllate dalle società concessionarie. In base a queste valutazioni, ogni anno, oscilla tra 500 e 700 milioni la quantità di investimenti in lavori sulle autostrade private. Valori che - con l'applicazione della quota minima dell'80% in gara - farebbero far salire a 400-500 milioni l'importo dei contratti annuali da assegnare a valle di una competizione preceduta da un bando. Un salto in avanti notevole rispetto ai 119,8 milioni in due anni (2013-2014) censiti nell'ultima rilevazione dei costruttori.

    Non è un caso che a contestare la riforma siano stati per primi i dipendenti delle imprese controllate dalle concessionarie, che hanno denunciato il rischio di chiusura delle aziende. Per i sindacati l'innalzamento della quota di lavori da mandare in gara mette e rischio tremila posti di lavoro in imprese come Pavimental (Aspi) con 700 lavoratori, Spea (Aspi) con 650 lavoratori, Itinera (Gavio) con 750 lavoratori e Abc (Gavio) con 140 lavoratori.
    Il problema non si pone per le 9 società a maggioranza pubblica (1.465 chilometri, 25% della rete) che dovranno continuare a mandare tutto in gara. Restano fuori dai nuovi vincoli anche le concessioni affidate in project financing (formula che prevede lo svolgimento di una gara) e quelle affidate «con procedura di gara ad evidenza pubblica secondo il diritto dell'Unione europea».

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