Economia

Burocrazia contro le imprese verdi

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ECOMONDO

Burocrazia contro le imprese verdi

A qualcuno sembrerà un mantra, un tormentone ripetitivo, ma sulla pelle delle aziende è la realtà di ogni giorno: la burocrazia, con la brutta voglia di regolare ogni aspetto della vita imprenditoriale, è un viziaccio che paralizza ogni iniziativa perfino nel settore dell'industria ecologica. Accade per esempio nelle gare per la concessione delle reti urbane del metano, paralizzate da anni. Ma accade in mille altri segmenti di attività. A Ecomondo, la rassegna dell'ecologia, del riciclo e dell'energia pulita in corso a Rimini Fiera fino a domani, fa impallidire l'elenco dei dolori, il cahiers de doléances.
Le aziende eoliche protestano perché la rimodulazione degli incentivi imposta per legge sta facendo saltare i cash flow e i piani di rientro degli investimenti. Gli imprenditori dei rifiuti sono soffocati dalla poca oculatezza del sistema pubblico e dalla rapacità della politica. Gli investimenti in efficienza energetica e in fonti rinnovabili vengono paralizzati dall'opinione pubblica emotiva usata come strumento per fini oscuri: come la geotermia in Umbria o l'uso di scarti di legno per fare telericaldamento in Val d'Aosta, perseguitate da comitati nimby. Non si conta il numero di imprenditori verdi che hanno l'idea geniale sulla scrivania bloccata dalla miopia degli interlocutori. Edo Ronchi tira le conclusioni degli Stati Generali della green economy: anche se la nuova economia è quella che traina tutta l'industria «è sottovalutata e c'è una differenza fra la presenza reale e la percezione della forza della green economy in Italia».

Nel caso del metano, uno degli argomenti al centro della trasformazione verso un'energia efficiente e pulita, le aziende del gas sono in allarme. Si avvicina (pare) la stagione delle gare per le concessioni locali del metano ma, mentre il mercato è pronto, i sindaci sembrano timorosi. «Potrebbe essere la volta buona, questa», pecca di ottimismo Bruno Tani, amministratore delegato di una media azienda del gas (la Sgr di Rimini) e presidente dell'Anigas, l'associazione confindustriale del settore.
La vendita del metano è liberalizzata, ma per consegnare il gas nelle case bisogna passare attraverso i tubi e quel servizio di trasporto è in concessione. In ogni ambito territoriale il servizio di gestione delle condutture e dei contatori finora è rimasto, tranne pochi casi, nelle mani di chi aveva la concessione ereditata da prima del 2000, quando entrò in vigore il decreto Letta che liberalizzava il gas. Le concessioni sono scadute e sono state prorogate molte volte. Ora l'ultima proroga è scaduta ma ben poco si muove. I concessionari uscenti spingono per arrivare alla concessione definitiva, della durata (ritenuta troppo breve) di 12 anni, ma troppi sindaci faticano a bandire le gare per affidare il servizio.

In gran parte dei casi, le aziende del gas che devono rinnovare la concessione hanno dovuto pagare in anticipo alle casse municipali i costi della gara. I municìpi hanno incassato dai concessionari (è una stima per approssimazione) circa 60 milioni di euro. Incassati i soldi, ora molti Comuni non hanno più così premura di mettere a gara la concessione. E al contrario molte aziende del gas, avendo già pagato e non riuscendo a espandersi in nuova aree, hanno perso i timori di un tempo e spingono affinché finalmente si possa partire con le nuove concessioni.