I numeri ce li ha e sono davvero importanti, a partire dal fatturato: oltre 10 miliardi di euro se si conta anche l'impiantistica industriale. Poi ha grandi nomi. Big come Barilla, eccellenze come il Parmigiano Reggiano e il Prosciutto di Parma. Famosa nel mondo, e in fondo cuore della storica tradizione alimentare italiana, adesso Parma si gioca il tutto per tutto per entrare nel prestigioso club Unesco, il circuito delle città creative per la gastronomia dell'agenzia delle Nazioni Unite. “Abbiamo tutte le carte in regola per meritare questo riconoscimento”, dice il presidente degli industriali della provincia emiliana, Alberto Figna.
La macchina per convincere gli ambasciatori Unesco che la città ha i titoli per entrare nel club ora si è messa in moto. Prima con la sigla di un protocollo d'intesa che ha messo d'accordo tutti, dal Comune, alla Provincia alla Camera di Commercio a Fiere di Parma agli industriali. Poi con la missione del sindaco Federico Pizzarotti a Parigi: martedì incontrerà gli ambasciatori per perorare la causa, portandosi dietro non solo i dati economici ma anche ciò che, aldilà dei bilanci di settore, ha fatto della città emiliana un punto di riferimento per l'industria del food. “Abbiamo la forza di una cultura – spiega Figna – permeata da una tradizione straordinaria, da un gran numero di prodotti Dop e Igp conosciuti in tutto il mondo. Ma il riconoscimento non deve essere un approdo. E' un punto di partenza per promuovere il nostro sistema”.
Dopo la designazione estiva da parte della commissione nazionale dell'organizzazione, con l'intesa Parma ha serrato i ranghi. Il traguardo potrebbe essere davvero a portata di mano, in uno scenario mondiale non privo di paradossi, visto che attualmente tra le otto città insignite dell'onore non ce n'è una italiana, a dispetto della forza del made in Italy. Si va, infatti, dalla Svezia al Brasile, dalla Cina al Libano. C'è posto pure per la Corea del Sud e per il Giappone. Per appuntarsi la medaglia Parma ha messo sul piatto Consorzi di tutela e industrie, una manifestazione turistica dedicata – Cibus –, una università la cui proposta formativa riflette la storica vocazione del territorio. Poi c'è il capitolo sostenibilità, fattore chiave per aggiudicarsi la vittoria. “Ma questo è uno dei nostri principali asset di sviluppo”, ricorda Figna.
La città sale sul ring pronta a vedersela con concorrenti come Portland (Usa) e Burgos (Spagna), con una filiera che si estende anche all'educazione alimentare. Grazie al solo food, con ricavi per 7,7 miliardi, esporta in tutto il mondo per un valore di quasi 1,3 miliardi. A sua volta l'impiantistica – 2,4 miliardi di fatturato – destina all'estero il 52% della produzione. “Abbiamo tre parole chiave – dice Federico Pizzarotti – che sono esperienza, educazione, produzione. E pensiamo che la cultura del cibo e della buona tavola si sposi perfettamente con la Parma che vogliamo promuovere: città del benessere”.
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