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Pubblicità, contro i giganti del web la difesa dei «collettivi…

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Pubblicità, contro i giganti del web la difesa dei «collettivi editoriali»

L'unione fa la forza, dice il proverbio. Trasponendo il concetto al mondo dell'advertising digitale – unico segmento del mercato pubblicitario che negli ultimi anni, alla faccia della crisi, ha conosciuto una crescita costante – l’unione delle agenzie tradizionali è la strada migliore per provare a contrastare lo strapotere che giganti come Google e Facebook hanno nella raccolta sul web, come dimostrano anche gli ultimi dati diffusi da Nielsen per il periodo gennaio-settembre: -1,6% la raccolta senza search e social; +1% grazie ai dati dei giganti del web non monitorati, ma solo stimati da Nielsen (Google, Facebook e, in misura minore, Twitter).

Una tendenza che si sta facendo strada è quella delle editorial cooperatives, traducibile in collettivi editoriali: vere e proprie joint venture tra player tradizionali del mercato della pubblicità più o meno vocati all’innovazione che mettono in comune piattaforme, strutture e soprattutto know how per crescere in competitività e ricavi sul fronte di internet. La tendenza è storia degli ultimi cinque anni e ha avuto come laboratorio in particolare l’Europa che, per i big player della West Coast, è storicamente terreno di conquista.

Il primo esperimento è francese, La Place Media, partito come un’intuizione di quattro grandi gruppi dei media (Tf 1, Amaury, Figaro e Lagardère) e oggi partecipato addirittura da 20 soggetti di settore. Se l’esperimento funziona, più d’uno proverà a replicarlo. Nel 2015 si contano così almeno dieci esperienze di collettivi editoriali in giro per il Vecchio continente: da quella di CPEx in Repubblica Ceca al Danish Publisher Network di Danimarca, passando pure per un caso greco.

Grande sensibilità al tema su suolo britannico, dove ha di recente debuttato Pangaea, alleanza globale tra editori premium come The Guardian, Cnn International e The Financial Times. Più o meno in contemporanea è stato lanciato il collettivo editoriale della Association of Online Publishers, realizzato in partnership con la società specializzata AppNexus.

In questo scenario in continua evoluzione, l'Italia non è rimasta a guardare. Qui da noi l’advertising digitale nel 2014 si è attestato sui 2 miliardi, per una crescita del 12,7% sull'anno precedente. La parte del leone, anche qui, la fa Google. A luglio dell'anno scorso, tuttavia, un’alleanza tra Manzoni, Banzai Media, Italiaonline, Mediamond e Rcs MediaGroup ha portato alla nascita di Gold 5, concessionaria che offre soluzioni di video display advertising. «Più che a un'azienda nel senso tradizionale del termine – spiega l'ad Andrea Santagata – mi piace paragonare Gold 5 a una sorta di laboratorio sperimentale». Quanto alla sfida con Google e Facebook, Santagata taglia corto: «Nel nostro settore il vero competitor è la tecnologia. Tocca misurarsi costantemente con nuove soluzioni per essere competitivi».

Un ruolo importante nella costituzione delle editorial cooperatives ce l'hanno le società specializzate nell'offerta di soluzioni tecnologiche innovative per collegare acquirenti e venditori su scala globale. Tra queste troviamo l’americana Rubicon Project che, in questi anni, ha tenuto a battesimo ben sei esperienze di colletivi editoriali, ultimo dei quali Pangaea. «I maggiori proprietari di media dei singoli mercati – spiega Jay Stevens, general manager international di Rubicon – stanno subendo una forte pressione da parte delle piattaforme media globali come Yahoo, Google e Facebook, ma hanno capito che, unendo le forze, riescono ad arginare il fenomeno. Il nostro compito – prosegue Stevens – è insieme quello di fare da intermediari e da “collante”».

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