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Dossier Istituzionali e Hnwi amano la sostenibilità

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    Dossier | N. 6 articoliRapporto Private Banking

    Istituzionali e Hnwi amano la sostenibilità

    Il mondo della finanza sostenibile è una robusta realtà già da svariati anni. Il vertice internazionale di inizio dicembre sul climate change a Parigi, noto con il nome di Cop21 (ridimensionato per ragioni di sicurezza), potrebbe dare un'ulteriore spinta al settore dei prodotti finanziari etici. È quanto sta emergendo in questi giorni in Italia nel corso della settimana Sri (Socially responsible investing) - in versione estesa, dal 5 al 18 novembre - incentrato sugli strumenti e gli operatori che investono in modo sostenibile.

    I gestori italiani
    In Europa, secondo i dati dell'agenzia di rating etico Vigeo, sono 127 i miliardi di euro investiti nel 2014 in fondi sostenibili, con un incremento del 18% rispetto all'anno precedente. A eccellere è proprio la Francia della Cop21, con 45,6 miliardi di euro di masse in gestione. Benché i numeri non siano gli stessi dei cugini transalpini, anche l'Italia sta investendo energie e risorse nell'ambito degli strumenti specializzati sull'etica; i parametri Esg (ambiente, sociale e governance) con cui si filtrano tali investimenti, sono diventati infatti “patrimonio” di molte Sgr italiane.

    «L'adozione dei criteri Esg è per gli operatori del risparmio gestito un'opportunità per svolgere il proprio ruolo di good corporate citizen ma anche uno spazio di innovazione che permette di rispondere ad una domanda emergente di investitori, istituzionali e retail, in linea con l'evoluzione dei mercati e del contesto normativo – ha dichiarato Manuela Mazzoleni, direttore operation e mercati di Assogestioni, l'associazione dei gestori italiani –. I criteri Esg oggi hanno un valore importante per le società di gestione nella valutazione e selezione delle attività oggetto di investimento». Da segnalare inoltre la pubblicazione del primo manuale sul private equity sostenibile per gli operatori italiani. Il testo è stato realizzato dal gruppo di lavoro promosso da Forum per la finanza sostenibile e da Aifi, l'associazione italiana del private equity e del venture capital.

    L'impronta di carbonio
    Ma nel concreto, come si fa a valutare se un fondo etico è veramente tale? Vengono in mente i prodotti biologici che sono certificati da un'agenzia indipendente. E chi certifica il fondo sostenibile? Su questo versante, nel mondo Sri, esistono agenzie di rating etico come appunto Vigeo, Sustainalytics, Eiris (che di recente si è fusa con Vigeo) e Standard Ethics.
    Nel segmento environment (ambiente) si è poi fatto un passo avanti: a breve il singolo risparmiatore potrà decidere se investire o meno in un fondo comune valutando la carbon footprint, l'impronta di carbonio; le case d'investimento che hanno siglato il Montreal Carbon Pledge (qui c'è l'elenco dei firmatari: http://montrealpledge.org/signatories/) hanno preso l'impegno a misurare, ridurre e rendicontare la quantità di carbonio dei propri investimenti azionari. A quel punto i singoli prodotti finanziari potranno essere comparati non soltanto per performance ma anche per quantità di emissioni inquinanti.

    Le strategie degli investitori big
    Piccoli risparmiatori ma non solo. Le strategie di investimento sostenibile stanno coinvolgendo sempre più gli investitori istituzionali (fondi pensione, assicurazioni, fondazioni) e i clienti più facoltosi (High net worth individual, Hnwi). È il caso per esempio di alcuni fondi di previdenza anglosassoni, che negli scorsi 18 mesi, come ha riportato il Financial Times, hanno disinvestito un miliardo di dollari dalle aziende attive nell'estrazione di carbone. La medesima decisione è stata presa da altri investitori stranieri del calibro di Calpers, il fondo pensione dei dipendenti pubblici californiani, e del fondo sovrano norvegese. Sono investitori che segnano la strada e fanno da benchmark a tutti gli altri.

    Queste nuove esigenze ambientaliste, che vanno incontro alla necessità di contrastare il riscaldamento globale, vengono declinate in prodotti finanziari definiti “low carbon”. In prima fila vi sono i player francesi, in particolare Bnp Paribas e Amundi. Quest'ultima è tra le prime società di asset management ad aver lanciato gli Etf low carbon, prodotti “replicanti” il cui indice sottostante è composto da aziende con basso impatto di CO2. Bnp Paribas , invece, oltre ad aver sottoscritto il Montreal Carbon Pledge, già da qualche anno ha sottoposto tutto il patrimonio gestito al filtro dei Pri, i principi di investimento responsabile stabiliti dall'Onu. Sulla stessa linea dei gestori francesi, l'italiana Etica Sgr, che fa capo a Banca Popolare Etica, è tra le società italiane ad aver adottato il carbon footprint e i principi Onu.

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