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Dossier Nel credito tutto pronto per un nuovo giro di valzer

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    Dossier | N. 3 articoliRapporto Piemonte

    Nel credito tutto pronto per un nuovo giro di valzer

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    Tre anni fa proprio di questi tempi Biverbanca, storico istituto divenuto merce di scambio tra i principali gruppi bancari italiani, passava definitivamente dal Monte dei Paschi di Siena al gruppo CrAsti. Segnando l’ultimo atto di un risiko del credito che in pochi anni aveva visto da un lato l’ingresso di nuovi attori nella piazza piemontese, e dall’altro il riposizionamento degli storici protagonisti: la fusione di Sanpaolo con Intesa, la Popolare di Novara integrata nel Banco, la sede di BreBanca spostata da Cuneo a Torino. Segnali piccoli e grandi di una foresta tutt’altro che pietrificata. Complice una crisi che ha costretto le banche a occuparsi per lo più dei crediti deteriorati e dei nuovi dettami della vigilanza unica europea, negli ultimi tre anni la musica si è fermata. Durerà? Difficile.

    Per le banche i tassi bassi equivalgono a ricavi bassissimi, per lo meno nelle attività tradizionali. Si genera così una spinta a modificare modelli di business, razionalizzare le reti, intervenire sui costi. E a valutare possibili aggregazioni. Ecco perché prima, dopo o durante un nuovo giro di valzer atteso a livello nazionale, ci si aspetta un rimescolamento delle carte anche a livello locale.

    I segnali, anche qui, non mancano. È di pochi giorni fa, ad esempio, la conferma ufficiale da parte di Ubi di aver avviato i contatti con la Fondazione CrCuneo per acquisire il 25% di Banca Regionale Europea che ancora fa capo a quest’ultima: un’operazione finanziaria volta a integrare la controllata nella capogruppo. In pratica: la storica Bre verrà inglobata in Ubi (che darà l’addio al modello federale, predisponendosi così a un’eventuale ulteriore aggregazione), mentre Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo si troverà con un pacchetto della capogruppo intorno al 6,5%, che ne farà il primo socio della super popolare da ottobre diventata Spa, con la possibilità di giocare un ruolo non marginale in caso
    di m&a.

    Sì, perché nel mondo delle popolari, a quasi un anno dalla riforma del Governo Renzi che ha imposto l’abbandono della forma cooperativa, l’effervescenza sale. In Piemonte non ha sede nessuno dei principali gruppi coinvolti nel futuro risiko, ma la presenza è radicata: oltre alla Bre, resta la rete della ex Popolare di Novara oggi base a Nord-Ovest del Banco, la vecchia Cassa di risparmio di Alessandria confluita in Bpm (che a sua volta ha il 13,6% di CrAsti), le partecipazioni di Bper nelle casse cuneesi (Bra, Fossano, Saluzzo, Savigliano) acquistate dieci anni fa da UniCredit, la presenza del CreVal con il nucleo di filiali ex Intesa Sanpaolo da cui, nel 2008, è nato il Credito Piemontese.

    Pedine sparse che presto potrebbero assumere un ruolo nell’attesa ripolarizzazione del mercato nazionale e locale del credito, dove i big Intesa e UniCredit continueranno a ridurre la rete delle filiali ma a presidiare le rispettive quote di mercato, e dove i piccoli cercheranno di consolidare le nicchie. Vale per le Bcc, a loro volta al centro di un’autoriforma destinata a cambiare la fisionomia del credito cooperativo, ma anche per altri istituti storici come Banca Sella (proprio di questi tempi impegnata in un aumento da 200 milioni destinato a portare fieno in cascina per nuovi progetti di sviluppo), o Banca del Piemonte, che pochi mesi fa ha preso la storica decisione di oltrepassare il Ticino e varcare i confini regionali, aprendo una filiale a Milano.

    Altro discorso, il private banking. Se l’Italia è Paese di risparmiatori, oggi alle prese con la necessità di reinvestire ciò che per anni è stato serenamente parcheggiato in BTp, il Piemonte - più anziano della media e terra di ”rentier” - è per le banche uno dei mercati di riferimento. In questo caso una partita importante si gioca intorno a Banca intermobiliare, che dopo la parentesi poco fortunata di Veneto Banca si trova sul mercato: il dossier ha attirato l’attenzione dei sudamericani di BTg Pactual, che vogliono crescere nel private in Italia e dopo aver acquistato da Generali Banca svizzera italiana stanno accarezzando l’idea di fare di Bim la piattaforma italiana.

    Un progetto che, se andrà in porto, potrebbe ridare slancio alla banca e contribuire a riaccreditare Torino nel panorama nazionale, visto che qui Intesa Sanpaolo mantiene un presidio importante anche a valle della fusione tra Fideuram e Intesa Private Banking e che UniCredit l’ha sempre considerata capitale del private di gruppo.

    La presenza di una boutique come Ersel e di un’università particolarmente sensibile ai temi della finanza fanno il resto: perché Torino, in uno schema che vede Milano vestire i panni della City, da tempo coltiva il sogno di diventare l’Edimburgo d’Italia, ovvero piazza di riferimento per il wealth management.

    @marcoferrando77

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