Economia

Il laboratorio Emilia-Romagna

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Lavoro

Il laboratorio Emilia-Romagna

bologna

Non è importante di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda i topi. Nell’organizzazione industriale e nelle relazioni industriali l’Emilia-Romagna è un laboratorio – tutt’altro che asettico e neutrale, ma simbolicamente pregnante e “politicamente” impegnativo – in cui le esperienze più diverse si giustappongono e si appaiano – di rado si contrappongono e confliggono – nella ricerca di nuovi punti di equilibrio della produttività industriale (e sociale).

Qui si trova la suggestione del modello tedesco, con il mito della centralità del sindacato. Grandi gruppi sono scesi dalla Germania alla ricerca di marchi (Ducati e Lamborghini prima di tutto) e di terzisti da integrare nelle loro filiere di fornitura europee: oggi in questa regione, secondo Unioncamere Emilia-Romagna, hanno un azionista di controllo tedesco 132 aziende per un fatturato consolidato di 3,5 miliardi di euro.

Qui ci sono i sostenitori della rivoluzione leggera in fabbrica – lean production, metodo Kaizen e world class manufacturing – per i quali il sindacato potrebbe anche non esistere. Una assenza teorica che in Emilia-Romagna è impossibile. In una ventina di imprese sono state applicate tecniche lean nelle diverse fasi aziendali: oltre alla Ducati e alla Lamborghini, ci sono Sergio Rossi (calzature di lusso) e Baltur (caldaie e bruciatori), Intertaba-Philip Morris e Gd (produzione macchinari), Marini-Fayat Group (impianti) e Chiesi Farmaceutici, Gambro-Baxter (farmaceutica) e Alpi (soluzioni per arredamento), Dvp (produzione pompe) e Interpuls (produzione macchinari per la mungitura), Mgm (vino) e Focchi (facciate di architetture complesse), Inver-Valspar (vernici industriali) e Sorin (farmaceutica), Neri Motori (produzione motori asincroni) e Parmalat, Technogym e Webasto (sistemi termici).

E, poi, c’è la Fiom. E che Fiom. A fine 2014, secondo gli ultimi dati disponibili, gli iscritti erano 72mila, su 170mila occupati nell’industria metalmeccanica. Nel voto per l’Rsu dell’ultimo triennio sono andati alle urne 54.500 addetti (su 84mila potenziali): la Fiom ha preso 45.600 voti. All’ultimo rinnovo, su 2.488 delegati eletti, 2.157 sono stati della Fiom. «L’effetto “frullatore” – dice Massimiliano Panarari, politologo del Mulino – con tanti ingredienti diversi che vengono inseriti nella ricetta e alla fine danno un esito omogeneo e con un gusto originale e buono rappresenta bene la transizione emiliana che è, insieme, uscita dal Novecento e approdo alla post-modernità. L’uscita dal Novecento significa che il sindacato deve fare i conti con la fine della società dei partiti, di cui il Pci era in Italia un pezzo fondamentale, e con la fine antropologica dell’operaio-massa a favore del lavoratore-individuo. Post-modernità significa invece un approdo pieno e convinto alla globalizzazione, che comporta il capitale delle fabbriche emiliano-romagnole anche in mano agli stranieri e l’introduzione di tecniche di organizzazione industriale e di affinamento della produttività che potrebbero ridimensionare drasticamente il ruolo dei sindacati».

La peculiarità emiliano-romagnola è, appunto, la sintesi fra queste due anime. Il vecchio pan-sindacalismo ormai ultra-pragmatico ed efficientista e i gruppi di lavoro del metodo Kaizen. Un esempio è la Ducati. L’ingresso dal 2012 in Audi ha reso ancora più centrale il sindacato, che è subito entrato nel coordinamento internazionale dei sindacati del gruppo e ha favorito la nascita di un sindacato in Thailandia, nella fabbrica Ducati di Rayong. Oggi a Borgo Panigale nella Rsu la metà è Fiom e l’altra metà è Uilm e Fim. «Per noi il rapporto con il sindacato – spiega Luigi Torlai, direttore del Personale e della Responsabilità sociale – è una leva strategica al rialzo. Oggi operiamo su 21 turni a settimana, sabato e domenica inclusi. Il che ci ha ripagato gli investimenti. E abbiamo costituito due gruppi di miglioramento Kaizen: uno sul magazzino e uno sulle lavorazioni meccaniche. Quest’anno abbiamo risparmiato 360mila euro, che vengono ripartiti per un terzo all’azienda, per un terzo in investimenti sulla linea e per un terzo ai lavoratori». In questo meccanismo si ribalta il leit-motiv del ti pago meno e tu fai meno, a favore del ti pago di più se tu fai di più. «L’anno prossimo – aggiunge Torlai – i gruppi di lavoro Kaizen diventeranno dieci».

Al di là delle questioni nominalistiche, esiste una cifra pragmatica del sindacato emiliano-romagnolo. «Le discussioni vanno portate sempre al dunque – riflette Valerio Bondi, responsabile dell’organizzazione regionale e delle politiche contrattuali in Fiom – e, laddove viene assegnato un ruolo alla contrattazione, la palla non va mai gettata in tribuna». Questo metodo si colloca in un contesto storico preciso: «In Emilia-Romagna – dice Bruno Perpignani, segretario regionale della Fiom – prevale ancora un approccio di governo dei processi. Anche se tutto questo andrà misurato con il post-crisi».

La proiezione verso il futuro appare, dunque, obbligata. «Gli incrementi di efficienza prodotti dalla lean production – assicura Michele Bonfiglioli, la cui famiglia con la Bonfiglioli Consulting è stata la prima, nel 1998, a importare queste tecniche in Emilia-Romagna – permettono alle imprese di questo territorio di adeguare le loro performance agli standard richiesti dalla globalizzazione. Certo, la lean nasce in ambienti non sindacalizzati. E, dunque, con un sindacato robusto e orgoglioso come quello italiano servono coinvolgimento e chiarezza su efficienza, ergonomia e condizioni di lavoro».

Il problema del coinvolgimento è tanto più sentito nelle piccole e nelle medie imprese. Il Gruppo Fava di Cento, in provincia di Ferrara, è formato dalla Fava Spa (impianti per la pasta) e dalla Baltur (bruciatori per caldaie e caldaie). In tutto consolida 160 milioni di euro e ha 480 addetti. Dal 2005 ha introdotto gradualmente tecniche lean, non limitandosi soltanto alla parte industriale ma estendendole anche agli uffici. «All’inizio c’erano delle perplessità – ricorda Riccardo Fava – anche perché il lean era totalmente sconosciuto al sindacato. Quando poco alla volta si sono visti i risultati, anche quest’ultimo ha superato i suoi dubbi».

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