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Il mondo corre, l'Italia è bloccata

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Industria

Il mondo corre, l'Italia è bloccata

Nel tempo della globalizzazione, economia significa velocità. Noi, invece, ci trastulliamo in una autolesionistica lentezza. Negli Stati Uniti DuPont e Dow Chemical si fondono cambiando la chimica mondiale.

In Italia manca un nome su un verbale del tribunale di Taranto e il processo sull'Ilva riprecipita alla casella “torna al via”. Come a Monopoli. Le udienze preliminari non valgono. Un anno di lavoro va in fumo. Si ricomincia daccapo. Il Mondo corre. Il Paese è questo. Siamo, dunque, prossimi a perdere un altro anno per via giudiziaria, dopo averne consumato uno per l'impossibilità della politica di formare la newco in grado di rilevare l'Ilva. Passo indietro per i non tecnici: nel verbale della penultima seduta dell'udienza preliminare mancava il nome del difensore di ufficio di dieci imputati, incluso Nicola Riva. In realtà, quel giorno il difensore di ufficio – un legale tarantino, che sostituiva gli avvocati milanesi, assenti – era presente, come testimoniato anche dalle riprese. La dichiarazione di nullità del decreto del Gup che il 23 luglio scorso ha disposto il giudizio può avere due effetti. Una sosta formale, con cui vengono rapidamente messi a posto tutti i requisiti formali per poi riapprodare in Corte d'Assise. In questo caso è ipotizzabile che, dopo la nuova udienza preliminare ai primi di gennaio, si torni al processo per l'inizio di febbraio. Oppure, come pare accadrà, potrebbe passare la tesi che il Gup debba non essere lo stesso. Tutto va rifatto daccapo. Al primo giro c'è voluto un anno. E ora? Chiariamoci: è una svista formale, di natura segretariale. Grave, come ogni sbavatura in un procedimento giudiziario in cui la forma è sostanza, ma emendabile. Sarebbe importante che, nella miscela di strategia difensiva e di prassi giudiziaria, tutto questo non divenisse l'ennesima occasione per sapere – con tempi inaccettabili – la verità. A questo punto, tutti hanno il diritto e il dovere di sapere che cosa è veramente successo a Taranto negli ultimi decenni. Gli imputati devono tutelarsi da accuse infamanti sotto il profilo umano prima ancora che giuridico. I tarantini non possono restare nella bolla emotiva della vittimologia reale ed immaginaria: il confronto fra periti è essenziale per ricostruire lo scenario dell'ambiente ferito e lo scontro fra accusa e difese è cruciale per capire se quest'ultimo sia stato davvero “svenduto”. Certo, sistemare ogni punto e ogni virgola dell'iter processuale dovrebbe evitare la solita deriva italiana, secondo cui in Cassazione per un errore formale possono venire vanificati anni di attività investigativa e giudiziaria da un lato e di attività difensiva dall'altro. Ma se, invece, dovesse passare l'ipotesi che bisogna “tornare al via” sarebbe l'ennesima dimostrazione che, mentre il capitalismo globalizzato provoca fusioni e insegue le grandi scale dimensionali, l'Italia non riesce a gestire problemi complessi e a trovare un equilibrio nei conflitti fra i poteri. E, coì, si avvia ad assistere alla decomposizione del poco che - nella grande industria - le resta.

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