Economia

Almaviva, parte il round negoziale

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Lavoro

Almaviva, parte il round negoziale

  • –Andrea Biondi

Si incontreranno oggi alle 11 a Roma nella sede di Unindustria i rappresentanti di Almaviva e delle organizzaazioni sindacali per affrontare la patata bollente dei contratti di solidarietà cui il big dei contact center in Italia (722 milioni di euro di giro d’affari al 30 settembre e 9mila dipendenti nel Crm in Italia), contrariamente ai programmi, dovrà fare a meno già dall’1 dicembre.

Tutto deriva da una decisione dell’Inps che ha comunicato di aver modificato la classificazione aziendale di Almaviva dal settore industria al settore terziario. Una classificazione in cui ormai rientrano praticamente tutti i contact center, ma non ancora Almaviva (che ha dimensioni di un certo rilievo) e qualche piccola realtà. Alla luce di questa variazione, non sussiste più il diritto al contratto di solidarietà. A questo punto è subito scattato l’allarme visto che in Almaviva ci sono 2.500 esuberi gestiti per l’appunto con i contratti di solidarietà fino a fine maggio 2016.

Cifre ufficiali ancora non ce ne sono, ma dai primi calcoli circolati all’interno delle organizzazioni sindacali la decisione dell’Inps andrebbe a pesare, in termini di aggravio sui costi, per circa 3 milioni di euro al mese. All’interno di questa cifra ci sarebbero 300mila euro relativi alla “decontribuzione” (un portato della vicenda Electrolux) da considerare comunque persi. L’azione di azienda e sindacati dovrebbe invece essere ora finalizzata a capire come poter recuperare i 2,5-2,7 milioni rimanenti. «L’idea – spiega Giorgio Serao, segretario nazionale di Fistel Cisl – è quella di arrivare subito a un accordo tampone che poggi sui contratti di solidarietà “di tipo B”, in deroga. C’è comunque da porsi una domanda. Cosa pensa di fare il governo per un settore in crisi in cui anche con decisioni di questo tipo si rischiano una precarizzazione fortissima e migliaia di licenziamenti?». Nella metà campo governativa lancia la palla anche Michele Azzola (Slc Cgil). «In un Paese che vuole attirare investimenti – dice Azzola – cambiare le regole in corsa è incomprensibile. Nel merito trovo incomprensibile anche che si inseriscano i contact center nel terziario. Parliamo di attività strettamente collegate con l’industria, che ne seguono l’andamento del business».

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