Economia

Boom dell’import per l’acciaio

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Boom dell’import per l’acciaio

  • –Matteo Meneghello

MILANO

L’acciaio italiano ricorre in misura sempre maggiore alle importazioni, soprattutto da paesi al di fuori dei confini dell’Ue. E, «orfana» di Ilva, soffre soprattutto sui prodotti piani, specializzazione degli impianti tarantini.

I numeri di Federacciai registrano nell’anno in corso una decisa crescita degli acquisti dall’estero, proseguendo e amplificando un trend già emerso nel 2014. Le statistiche dicono che nei primi nove mesi dell’anno hanno varcato la frontiera più di 15 milioni di tonnellate (15,170) di acciaio, ben due tonnellate e mezza in più rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso. L’incremento percentuale è del 20,1 per cento.

Sul dato incidono due fattori specifici. Da un lato c’è la debolezza della siderurgia comunitaria di fronte alla crisi di sovracapacità dell’acciaio mondiale. Da novembre dell’anno scorso si è innescata una tendenza generale alla crescita delle importazioni di prodotti piani e lunghi dai paesi extra Ue, una dinamica che, da qualche mese a questa parte, ha completamente annullato il saldo commerciale positivo dell’Ue a 28. I confini comunitari hanno mostrato il fianco alle importazioni di prodotti provenienti in larga parte da Russia e Ucraina (come mostrano i dati del 2014) e, in misura al momento più contenuta (l’incidenza l’anno scorso era del 19%), dalla Cina. Ma i paesi asiatici quest’anno sembrano avere aumentato la spinta, complici anche le difficoltà di Pechino sul mercato interno.

Nello specifico italiano, poi, la corsa delle importazioni è aggravata dalle difficoltà nella produzione nazionale di piani (sulle quali incide il rallentamento di Ilva), che ad ottobre si è fermata sulla soglia di 8,6 milioni di tonnellate (il 14% in meno rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso). I consumi si mantengono stabili, se non in leggero aumento: a colmare il gap ci ha pensato l’import, che a settembre ha ormai sorpassato la produzione interna (9,5 milioni di tonnellate contro 7,7), più che raddoppiando proprio nei flussi provenienti dai paesi fuori dai confini europei (+54,4 per cento).

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