Economia

Dossier Il Piemonte ha riacceso i motori

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    Dossier | N. 6 articoliBarometro della manifattura

    Il Piemonte ha riacceso i motori

    Una regione in transito, anche se non ancora ripartita. Dove la crisi economica ha lasciato eredità pesanti, come una disoccupazione sostanzialmente raddoppiata rispetto al 2007 e una manifattura che ha perso 5 punti percentuali di peso sull'economia globale del territorio. Ma che ha reagito. Anzitutto puntando su internazionalizzazione e mercati esteri.

    I dati della congiunturale dell’Unione industriale di Torino confermano questo trend. Per il primo trimestre del 2016, a fronte di una riduzione dell’ottimismo relativo agli ordini totali (da +9,4 a +6,7 punti), migliorano le aspettative per quanto riguarda le esportazioni (da +8,1 a +12,1) mentre peggiorano le previsioni sull’occupazione (da +6.9 a +1,2). La scommessa ora è mettere in moto gli investimenti per agguantare quelle «nuove opportunità», come le descrive il presidente degli industriali piemontesi Gianfranco Carbonato, che arrivano dalla rivoluzione tecnologica in corso. Big Data, Internet delle cose, robotica avanzata e sistemi collaborativi, additive manifacturing, innovazione energetiche, i nuovi sistemi di mobilità. Sono alcune delle sfide all’orizzonte per lo zoccolo duro industriale del Piemonte, la meccatronica, l’automotive, la meccanica strumentale.

    «Il tema per il 2016 – spiega Carbonato – è rappresentato dalle opportunità che le aziende piemontesi possono cogliere grazie alle competenze presenti nella regione, alle forti collaborazioni con il Politecnico e alla supply chain. Ma serve una visione, un macro progetto, un piano pluriennale per rilanciare la manifattura, agganciare i trend di innovazione e attrarre investimenti». Terra di filiere e di distretti (oltre all’automotive, il tessile di Biella, l’orafo di Valenza, la chimica verde, il biomedicale di Saluggia, l’agroalimentare tra Cuneo e Alessandria, i vini di langhe e Monferrato, l’aerospazio torinese) il Piemonte ha registrato un trend di crescita delle esportazioni superiore alla media italiana negli anni della crisi.«Rispetto al 2005 il Piemonte – sottolinea Paolo Bertolino segretario di Unioncamere Piemonte – ha aumentato le sue esportazioni per un totale di 10,7 miliardi, guardando al risultato del 2014. Un trend che continua visto che le esportazioni nei primi nove mesi del 2015 sono cresciute dell’8,7%, aumentando di due punti percentuali la quota sull’export italiano». Terreno guadagnato prevalentemente sui mercati extra-Ue, che hanno segnato un +18%, accanto al +2% dell’Unione europea. In linea generale, l’ultimo indicatore sull’indice di internazionalizzazione della regione elaborato da Unioncamere evidenzia un miglioramento di sei punti percentuali. Nel dettaglio delle singole componenti, sotto il profilo economico, il contributo maggiore è arrivato dalla accresciuta capacità di attrarre investimenti diretti esteri, accanto alla propensione al commercio internazionale. «La sola provincia di Torino – chiarisce Licia Mattioli, presidente degli industriali torinesi e referente per Confindustria sul tema dell’internazionalizzazione – ha un centinaio di multinazionali, da Petronas a Gm a Avio Ge, che qui hanno insediato centri ricerca oltre che poli produttivi, grazie alle collaborazioni con il Politecnico e alle eccellenze e alla qualità delle risorse umane disponibili. Puntiamo ad ampliare questo patrimonio, si può fare squadra con i country manager italiani per attrarre nuove realtà». Quanto ai mercati internazionali, «sta cambiando la geografia dell’export, in parallelo alla crisi di mercati come la Russia e il Brasile e al rallentamento della Cina, cresce il Sudamerica e si apre l’Africa» aggiunge Mattioli. Una regione in transito, appunto. Al centro di riorganizzazioni industriali importanti come quello degli stabilimenti Michelin, ad esempio. Con nuovi soggetti industriali in campo, come gli indiani di Mahindra, con eccellenze come il più grande stabilimento orafo d’Europa, che Bulgari aprirà l’anno prossimo, e qualche pesante fardello come i 900 ex addetti della De Tomaso, dopo l’acquisizione del marchio da parte dei cinesi di Ideal Team Venture.

    Il 2015 ha visto rimettersi in moto i due settori di più lunga tradizione per il Piemonte, il tessile (cresciuto del 2% secondo l’ultima rilevazione congiunturale di Unioncamere Piemonte sul terzo trimestre 2015) e la componentistica automotive. Il comparto automotive merita un discorso a sé, visto che in Piemonte si concentra la metà delle imprese della filiera autoveicolare italiana. Si tratta di imprese che stanno contribuendo all’aumento dei volumi produttivi di auto in Italia dopo anni di forte contrazione. L’ultima elaborazione dell’Anfia sui dati Istat relativi alla produzione industriale evidenzia come la componentistica automotive in senso stretto (carrozzeria e parti e accessori di autoveicoli) cresca rispettivamente del 14,1 e di quasi il 10% tra gennaio e settembre di quest’anno. La filiera Made in Italy dell’auto dunque recupera terreno e lo fa anche l’automotive piemontese, nonostante in Piemonte nel 2015 si siano prodotte meno vetture che nel 2014.