Economia

Il social marketing spinge i ricavi delle imprese

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Industria

Il social marketing spinge i ricavi delle imprese

  • –Laura Cavestri

milano

Email che si fanno aprire dribblando lo spamming, newsletter mirate (nel destinatario e nei contenuti) e un sito web che balza nella top-5 delle parole chiave che riguardano il proprio settore. Si chiamano email-marketing (Dem, direct email marketing) e social media marketing (Seo, search engine optimization) e, se attuate insieme, da loro può dipendere oltre un terzo del fatturato aziendale.

Lo rileva Co. Mark – società bergamasca di consulenza professionale attiva dal 1998 e che oggi conta una rete di 130 temporary export manager – attraverso uno studio su alcune Pmi della subfornitura plastica (fatturato medio attorno ai 25 milioni di euro), provando a mettere in relazione quote di fatturato e politiche commerciali messe in atto. Un modo per capire quale è l’effettivo contributo del marketing innovativo rispetto a quello tradizionale. Quest’ultimo resta maggioritario: in media, il 58% dell’attività commerciale delle Pmi che hanno deciso di innovarsi digitalmente resta di tipo classico. Ma se il passaparola (3%) e le fiere (4,5%) sembrano avere mediamente un effetto contenuto sul fatturato d’impresa, le campagne pubblicitarie, soprattutto online (8,5%), l’email marketing (12,7%) e l’attività sui social media (12,6%), possono contribuire sino a più del 30% dei ricavi. Naturalmente, a patto che si lavori in maniera mirata e quotidiana su un mix di strumenti.

«Avere un sito web è la “base” – spiega il presidente di Co.Mark, Massimo Lentsch – ma non basta. È essenziale curarne la posizione, essere sempre posizionati nella top list dei motori di ricerca nelle lingue dei mercati esteri con cui faccio business o in cui sto cercando di entrare. Insomma, il sito web basta in italiano e in inglese. Ma se voglio incrementare, ad esempio, commesse o rapporti con il mercato finlandese - continua Lentsch - il mio sito deve essere tra i primi intercettati quando scatta una richiesta sui motori di ricerca attraverso parole chiave in lingua finlandese. Esistono software per gestirselo autonomamente da parte dell’azienda. Ma anche società e professionisti specializzati (spesso anche quelli che hanno curato il sito) cui “appaltare” l’attività versando una quota annuale. È un investimento che la maggioranza delle Pmi ancora non comprende, ma è un lavoro di intelligence che può dare una prospettiva a tante aziende della subfornitura meccanica, plastica o tessile».

Ma il volume degli affari può anche dipendere da come si comunica via email. Sintetiche, con un contenuto preciso e un linguaggio “accattivante”. Periodicamente anche solo per comunicare ai fornitori che si è disponibili in caso di richieste specifiche, che si è investito su un nuovo macchinario o che si è ottenuta una nuova commessa (un modo per ribadire la propria reputazione sul mercato). Per le stesse cose valgono Facebook e Twitter.

«Quest’anno ho fatto la mia prima assunzione via Linkedin – ha spiegato Andrea Giorgi, titolare della Giorgi Engineering di Milano (prodotti customizzati per impianti industriali, 35 addetti e 5,5 milioni di euro di fatturato) – ma fino a 6 mesi fa non usavamo nessuna leva di social media marketing. Oggi, tramite un temporary manager che ci segue, curiamo i contatti tramite email mirate, una newsletter, gestiamo il posizionamento con parole chiave. In questo modo abbiamo già staccato alcune migliaia di euro di contratti. Presto per fare un bilancio. Intanto – ha concluso Giorgi – ho assunto un dipendente selezionando il cv da Linkedin e investendo 150 euro anzichè 6mila in un recruiter professionale».

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