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Un sindacato «rinnovato» per gli scrittori

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Lavoro

Un sindacato «rinnovato» per gli scrittori

Oltre due mila lettori in meno ogni giorno, esattamente 2.191. Dati ufficiali, dati Istat. Una progressiva quanto desolante flessione delle copie vendute, ovvero il 4,6% in meno quest’anno rispetto all’anno scorso. E poi l'implosione dei contratti che vuol il proliferare di partite iva a compensi sempre più ridotti. È lo stato dell'industria editoriale italiana. Che, nell'attesa di conquistare nuovi lettori (il mercato dei libri per ragazzi è decisamente in buona salute) e nella speranza che il vento positivo che respirano i cugini francesi arrivi anche qui, attraversa una fase assai delicata. Come assicurare la sopravvivenza del suo capitale umano? E soprattutto qual è lo stato di salute di chi dovrebbe adoperarsi e cioè il sindacato?

Figura poco percepita come professionale, essere uno scrittore significa infatti per il Bel Paese, ingiustamente, solo esternare una passione. Pochi sanno, invece, che potrebbe godere di completa tutela sindacale. Sono presenti in Italia organizzazioni di categoria e sindacati: Sns (Sezione Nazionale Scrittori) Slc-CGIL, Fuis (Federazione Italiana Unitaria Scrittori), o ancora Unsa-Uil (Unione Nazionale Scrittori e Artisti). «Il Sindacato Nazionale Scrittori, fondato nel 1945 da Di Vittorio, fino agli anni 80 è stato un riferimento importante per gli scrittori, che si riconoscevano in esso in gran parte. La crisi della rappresentanza ha poi allontanato gli autori che hanno creato una miriade di associazioni e una polverizzazione della rappresentanza», spiega Emanuela Bizi, segretario nazionale della Sns Slc Cgil.

Da questo l’obiettivo di riportare un passato sgretolato: «Attualmente - dice Bizi - la Sns è in liquidazione e a partire da gennaio 2015 la Slc Cgil, sindacato che rappresenta i lavoratori della comunicazione e della produzione culturale, ha creato al proprio interno la sezione degli scrittori, proprio per rilanciare la funzione di rappresentanza del sindacato degli autori».

Anche perché, sulla scia infatti di quanto accade in Europa e negli Stati Uniti, dove lo scrittore riceve tutele più sostenute rappresentate da borse di studio e sovvenzioni statali, è sempre più evidente l’esigenza di riavvicinare il mestiere a una protezione di generale matrice istituzionale. «La necessità - aggiunge Bizi - di trovare riferimenti rappresentativi importanti è doppiamente centrale nel momento in cui l'Europa è impegnata a riscrivere le norme del diritto d'autore che sono interessate anche dalle possibilità create dallo sviluppo veloce delle tecnologia, dalla nascita di nuovi veicoli dei contenuti. Nuove frontiere che vedono le leggi italiane sul diritto d’autore inadeguate a difendere gli autori. Ma le sfide riguardano anche le diverse impostazioni dei paesi europei e del mondo. Il sindacato diventa pertanto un riferimento importante, essendo un soggetto che può rappresentare anche nei confronti del Mibac e della Siae le esigenze degli autori».

Soprattutto se, come sta accadendo la scrittura si concreta anche sul web. «Il web e i nuovi veicoli dei contenuti sono la vera e grande sfida. Difendere i contenuti significa anche definire la qualità degli stessi. Significa cioè ragionare su come possiamo difendere il diritto alla diffusione della conoscenza e la difesa dell’autore che è fondamentale per la qualità e la libertà dei contenuti, caratteristiche piene della democrazia». Resta poi ferma l’annosa questione della tutela contrattuale: «Il sindacato - conclude Bizi - ha anche il compito di contrattare con gli editori i contratti collettivi nazionali e la Cgil è impegnata a porre la necessità di includere anche figure tipicamente autonome e parasubordinate per creare regole e diritti anche alle nuove figure di lavoratori autenticamente autonomi. Intendiamo quindi proporre anche un percorso che veda gli editori responsabilizzarsi nei confronti degli autori, trovando nei contratti editoriali dei punti qualificanti».

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