Torna a profilarsi l'ipotesi di un referendum no-triv, ma in versione slim. La Corte di cassazione ha esaminato la norma della legge di Stabilità con cui il Governo sperava di aver disinnescato i costi del referendum chiesto da dieci Regioni e dai comitati contrari all'uso delle risorse nazionali. I giudici hanno ritenuto che la legge abbia accolto e soddisfatto le richieste di cinque dei sei quesiti proposti dalle Regioni.
Ma se cinque sono stati disattivati, il sesto quesito resta valido. L'iter per arrivare a un referendum in primavera riparte e la parola ultima ormai spetta solamente alla Corte costituzionale per la validazione finale.
Sopravvive il quesito sulle attività petrolifere entro le 12 miglia dalla costa, poiché la legge di Stabilità fa salvi i permessi e le concessioni già rilasciati, allungandone la durata. La norma introdotta dal Governo — dice la Cassazione — non soddisfà la richiesta referendaria e va sottoposta al voto dei cittadini.
Nei giorni scorsi il ministero dello Sviluppo economico, ottenuto il via libera del ministero dell'Ambiente, ha rilasciato alcune autorizzazioni.
Un'autorizzazione riguarda il giacimento Ombrina Mare, contestatissimo, gestito dalla Rockhopper (ex Medoil), perforato nel 2008 davanti alla costa abruzzese e da allora inattivo. Dall'acqua emerge una piccola piattaforma (una delle 106 presenti nei mari italiani), indispensabile per proteggere le apparecchiature dormienti, e l'autorizzazione data dal ministero serve per individuare nella compagnia la responsabilità dell'impianto: se fosse stata lasciata decadere, nessuno avrebbe avuto più alcuna competenza sul pozzo, che sarebbe rimasto innescato senza controlli e manutenzione.
L'altra autorizzazione di rilievo data in queste settimane riguarda la compagnia irlandese Petroceltic al largo di Molise, Puglia e isole Tremiti, fuori dalle acque territoriali italiane e da ogni competenza territoriale, dove la geologia fa presumere riserve per molte decine di milioni di barili di greggio.
È in arrivo un altro pacchetto di autorizzazioni.
Nessuna compagnia si muove. Da anni non ci sono perforazioni né prospezioni del sottosuolo. Quando il petrolio avrà prezzi più appetitosi, le compagnie chiederanno i permessi nei diversi Paesi coinvolti(come Grecia e Croazia) e si assoceranno per noleggiare insieme una costosissima nave oceanografica che con una sola breve crociera legga che cosa c'è sotto i fondali dell'Adriatico e dello Ionio. Le indicazioni dei geologi fanno pensare a riserve superlative che riducano in modo sensibile il numero di petroliere che ogni giorno sfiorano le nostre coste e importano il petrolio da lontano.
I politici, sensibilissimi al consenso, hanno subito fiutato il vento referendario. Eccone alcuni fra tanti. Michele Emiliano, presidente della Puglia: «Sono pozzi di scarsa qualità e di scarsi quantitativi, quindi non vale la pena fare ricerche inutili, con introiti, per quanto riguarda le Tremiti, di neanche 2mila euro». (I 2mila euro di cui parla Emiliano sono il canone di superficie che la compagnia deve pagare allo Stato per avere il permesso di studiare il sottosuolo). Loredana De Petris, senatrice di Sinistra e Libertà: «Il governo continua a prendere in giro tutti, dal parlamento alle regioni che avevano promosso i referendum». Luca Zaia, presidente del Veneto: «Non svendo Venezia e il turismo». (Le acque di fronte il Veneto sono escluse dalle attività petrolifere).
È un fiorire di affermazioni contro l'uso delle risorse a chilometri zero: l'Enpa (protezione animali), il Fai (dimore storiche), la Legambiente. Il Coordinamento nazionale no-triv ha deciso di mandare una diffida al ministero dello Sviluppo economico affinché chiuda definitivamente tutti i procedimenti in corso entro le 12 miglia.
Risponde a tutti la signora ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi: «Un polverone pretestuoso e strumentale. Non c'è nessuna trivellazione».
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