MILANO
Che il rinnovo del contratto nazionale dell'industria alimentare - testo scaduto lo scorso 30 novembre che regola la vita di 400mila lavoratori - in questa tornata risultasse particolarmente complicato lo si capiva già dalle addirittura 14 sedute tecniche susseguitesi da settembre a dicembre, senza sostanziali passi in avanti nel confronto tra le parti.
Poi è accaduto che l'incontro dal quale ci si attendeva una svolta si è concluso, nella notte tra lunedì e ieri a Roma presso la sede di Confindustria, con la definitiva rottura tra Federalimentare e le delegazioni di Fai, Flai e Uila. Motivo: i sindacati hanno giudicato inconsistenti le controproposte avanzate dall'associazione datoriale dopo la bocciatura della propria piattaforma sindacale. «Insoddisfacenti», a loro giudizio, «le risposte fornite dalla controparte sul tema del salario e su alcune richieste contenute in piattaforma relative a istituti fondamentali del contratto. Fai, Flai e Uila giudicano, in particolare, inaccettabile la pretesa di Federalimentare di voler concludere un accordo basato esclusivamente sulla penalizzazione complessiva delle retribuzioni a partire dal blocco degli scatti di anzianità e dall'eliminazione dei premi di produzione congelati». Un comunicato, quello delle sigle, che non omette un particolare che ha contribuito a riscaldare gli animi: «Nella notte dell'11 gennaio, una parte della delegazione trattante di Federalimentare si è resa irreperibile. Questo comportamento ha ulteriormente esacerbato il clima della plenaria». Da qui la scelta di andare allo scontro, con la proclamazione dello stato di agitazione che significa blocco di straordinari e flessibilità, fitto calendario di assemblee, un pacchetto di 4 ore di sciopero articolato a livello aziendale da effettuarsi entro il 22 gennaio e 8 ore di sciopero nazionale il 29 gennaio. L'associazione confindustriale, attraverso il vicepresidente Leonardo Colavita, risponde per le rime: l'abbandono del tavolo è «del tutto incomprensibile», «strumentale» e «va in direzione opposta rispetto all'atteggiamento costruttivo di Federalimentare che si è mostrata pronta a entrare nella fase decisiva del confronto e ad approfondire i nodi contrattuali ancora da sciogliere, compreso il salario». Secondo le imprese «il sindacato ha continuato a interessarsi solo agli aumenti salariali indifferenziati, slegati da qualsiasi parametro di produttività, pretendendo di parlare solo di euro in più in busta paga e non di welfare o di aumento d'efficienza e creazione di ricchezza». Inammissibili poi le deroghe al Jobs Act, «unico vero strumento di cambiamento del Paese», chiosa Federalimentare che comunque si dichiara «aperta al dialogo» e auspica «il raggiungimento di un accordo che vada oltre modelli di confronto definitivamente tramontati». Relazioni sindacali quanto mai tese nel settore. «Avevamo chiesto segnali di apertura – commenta il segretario di Flai Stefania Crogi – e ci hanno portato lo stesso spartito del precedente incontro. Chi fa una mossa del genere non cerca un punto di sintesi». Pietro Pellegrini di Uila commenta: «Ci auguriamo di poter riprendere presto il dialogo ma, per il momento, la parola passa ai lavoratori che, nei prossimi giorni, faranno sentire alle aziende la loro volontà di rinnovare». Il commissario di Fai Luigi Sbarra rivela: «Abbiamo lavorato fino all'ultimo per scongiurare una rottura determinata da precise responsabilità della controparte, che si è resa indisponibile a discutere su pezzi importanti della piattaforma». La frattura stavolta è nei fatti. Ricucire non sarà facile.
.@MrPriscus
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