Economia

Iran, con l’addio alle sanzioni scatta la corsa agli affari

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LE OPPORTUNITÀ DI BUSINESS

Iran, con l’addio alle sanzioni scatta la corsa agli affari

«Tranne qualche sporadica fornitura di divani, sinora abbiam fatto poco. Ma Teheran è un cantiere a cielo aperto. L'effervescenza edilizia è sotto gli occhi di tutti. E sebbene gli arredi siano l'ultimo anello della catena, nei prossimi anni possiamo crescere molto. Però bisogna seminare adesso. E bene». Fabrizio Marcuz, export manager presso Ditre Italia (circa 45 milioni di euro di fatturato, per il 60% all'estero), è fresco di atterraggio da Teheran, dove 60 aziende del legno-arredo italiano hanno preso parte a “Contract Made in Italy”, evento organizzato da Pordenone Fiere nella capitale iraniana, all'interno del perimetro più ampio di Midex, la fiera internazionale dell'arredamento e dell'architettura di Teheran che mediamente richiama oltre 70mila visitatori.

È solo l'ultima missione, in ordine tempo, delle molte che si sono succedute dopo l'accordo sul programma nucleare, firmato il 14 luglio tra Teheran e il Consiglio di Sicurezza dell'Onu (più la Germania) e finalizzato sabato notte a Vienna.
Perché ai nastri di partenza della corsa al business - ora che sono state ufficialmente revocate le sanzioni imposte all'Iran - ci sono un po' tutti i settori del Made in Italy. A partire dalla meccanica strumentale: produttori di macchine per il taglio di pietre ornamentali, di macchine per il tessile, di turbine e componentistica per l'oil& gas. E poi l'Anie, le imprese dell'elettronica ed elettrotecnica, che puntano a un ruolo nello sviluppo dell'alta velocità Teheran-Isfahan, nell'ammodernamento delle reti e dei sistemi di sicurezza. A seguire, ma non meno agguerriti, gli altri comparti: la filiera del legno-arredo, gioielli e oreficeria, agroalimentare e moda. La ragione di questo “scatto di reni” si deve alla consuetudine di rapporti che storicamente vanta il mondo imprenditoriale iraniano con l'Italia. Italiani, però, ben decisi a non farsi scavalcare da tedeschi e soprattutto dai francesi, che scalpitano.

Gli scambi non si sono mai interrotti, aveva confermato anche Alberto Presezzi, titolare della Bruno Presezzi di Burago di Molgora, attiva nell'impiantistica e power generation. Presezzi, che ha rilevato dal commissariamento la Franco Tosi di Legnano, punta proprio sulle commesse iraniane per rilanciarne il business. Come conferma anche Italian Creation Group (che comprende i marchi dell'arredo, Valcucine e Driade, per un fatturato globale da 45 milioni), che non ha mai smesso di vendere in Iran, grazie a un consolidato rapporto con un affidabile partner locale.

Sinora, per chi ha potuto, sono state forniture di “mantenimento” minimo di un presidio locale. Ora si possono fare piani di crescita più ambiziosi. O ripartire da dove si era dovuto abbandonare il business. Tolto l'embargo su petrolio, gas e prodotti petrolchimici e su tutte le tecnologie collegate (così come i limiti imposti all'import/export di oro, diamanti e metalli), l'Iran rientrerà nel sistema che garantisce le transazioni tra banche. Un Paese con una popolazione di 78 milioni di persone istruite e “occidentali” nei gusti, oltre che in prima linea nella produzione di idrocarburi, tornerà protagonista nell'economia globale. Secondo i dati della Banca mondiale, tra il 2000 e il 2010, l'Iran è cresciuta del 5% annuo. Quest'anno dovrebbe raggiungere il 6 per cento. Prima della “scure” delle sanzioni, secondo Sace, l'interscambio con Teheran arrivava a 7,2 miliardi. Poi il crollo del volume d'affari a 1,6 miliardi nel 2014. La sola meccanica strumentale (che pesa per il 57,9% sull'attuale export) negli ultimi 5 anni ha visto dimezzarsi il valore delle vendite: da circa 1,3 miliardi a meno di 700 milioni. Sempre secondo Sace, la rimozione dei vincoli al commercio potrà portare a un incremento dell'export sino a 3 miliardi tra 2015 e 2018.

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