Economia

Chiesti 2 miliardi di danni ai Riva

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Regole e incentivi

Chiesti 2 miliardi di danni ai Riva

  • –Domenico Palmiotti

taranto

Privare l’Ilva della cassa necessaria a finanziare le opere di risanamento del siderurgico di Taranto, mettere al sicuro le altre aziende del gruppo, ma anche evitare che l’inchiesta giudiziaria per disastro ambientale scoppiata nella città pugliese con sequestri e arresti potesse coinvolgere, con una specie di effetto-domino, il resto della struttura societaria.

È questo il «disegno articolato in più fasi» che nel secondo semestre del 2012 la famiglia Riva avrebbe «ideato e attuato con lucida determinazione». Lo scrivono gli avvocati dei commissari straordinari dell’Ilva, Piero Gnudi, Enrico Laghi e Corrado Carrubba, nell’atto di citazione presentato al Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa. Sotto la lente, un miliardo di euro rimborsato a Stahl «in via anticipata» da Ilva che avrebbe provocato il progressivo avvitamento di quest’ultima con «effetti rovinosi» calcolati in 2 miliardi. Tale, infatti, sarebbe stato il valore dell’Ilva se, munita di risorse, avesse potuto attuare i piani previsti e tale è anche l’onere del risarcimento in ballo. Invece i Riva, si legge nell’esposto, hanno lasciato a terra l’azienda «esattamente nel momento in cui la società era chiamata a un consistente impegno finanziario per adempiere all’Aia adeguando gli impianti produttivi alle sue stringenti prescrizioni». Non avendovi fatto fronte, l’llva prima è stata oggetto di provvedimenti restrittivi della magistratura di Taranto (luglio 2012), poi è stata sottoposta a commissariamento dal governo (giugno 2013), infine «ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza stante l’impossibilità di far fronte ai propri debiti» (gennaio 2015).

Obiettivo dell’azione legale è ora quello di «reintegrare il patrimonio di Ilva anche (se non soprattutto) nell’interesse dei creditori concorsuali». L’Ilva, infatti, è in amministrazione straordinaria a seguito dello stato di insolvenza per 3 miliardi certificato dallo stesso Tribunale di Milano. Nel mirino dei commissari, una serie di manovre che i Riva avrebbero effettuato. Non solo l’imposizione all’Ilva «di rimborsare in via anticipata i propri debiti nei confronti di Stahl (socia e “sorella” di Ilva) per circa un miliardo di euro». Ma anche, si legge nell’atto, la «scissione della stessa Riva Fire (e con essa di Stahl e delle casseforti del gruppo) segregando la parte “buona” del gruppo Riva Fire dalle vicende, sempre più problematiche, afferenti l’Ilva per trasferirla in un gruppo di nuova costituzione controllato dalla società Riva Forni Elettrici».

Nel dettaglio, si spiega, sono avvenute due operazioni. In primo luogo, Ilva commerciale, controllata da Ilva e coordinata da Riva Fire, ha ceduto le partecipazioni detenute in due società «casseforti» (Centre de Coordination Siderugique e Parfinex S.A.) alla Stahl, controllata da Riva Fire, al prezzo di 1,13 miliardi di euro. «I proventi di tale dismissione, invece di essere utilizzati a supporto dell’attività di Ilva» per finanziare gli interventi in precedenza deliberati (ci si riferisce all’Aia), «sono stati destinati, tramite un finanziamento da Ilva commerciale ad Ilva, al rimborso anticipato, per circa un miliardo di euro, di finanziamenti concessi proprio da Stahl». «In pratica – si sottolinea – l’operazione di dismissione (avvenuta per un prezzo singolarmente coincidente con l’importo dei finanziamenti in essere tra Ilva e Stahl) è servita a far rientrare anzitempo Stahl dai finanziamenti erogati in favore di Ilva». Poi, «una volta “estratte” da Ilva tali risorse» – e qui si spiega la seconda operazione attuata – si è provveduto, «tramite una scissione», a frazionare il gruppo Riva Fire «in due gruppi separati, autonomi e distinti». Il primo: Riva Forni Elettrici spa, dove sono confluite Stahl col proprio credito rimborsato, le società «casseforti» e Riva Acciaio, «la cui attività produttiva, essendo svolta tramite forni elettrici, comporta minori impatti e responsabilità ambientali». Il secondo: Riva Fire con la sola Ilva ma «gravata da crescenti oneri e responsabilità per l’adeguamento alle prescrizioni Aia e consapevolmente posta nell’impossibilità di provvedervi».

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